Entra nel vivo la campagna per le presidenziali Usa con la scelta di Joe Biden, candidato dem per la corsa alla Casa Bianca. Nella convention “televisiva” il protagonista non è però Biden, ma Donald Trump

La campagna per le presidenziali americane del prossimo 3 novembre è entrata nel vivo con la scelta da parte dei democratici del candidato da opporre a Trump: il suo sfidante sarà, infatti, Joe Biden, eletto ufficialmente nella convention “televisiva” del partito, senza platea a causa del Covid, con il voto della maggioranza assoluta dei delegati, come del resto era già previsto da tempo. Uno solo il filo conduttore dei moltissimi interventi – da quello dell’ex rivale, rappresentante dell’ala sinistra dei dem, Bernie Sanders, alle first ladies, la ex Michelle Obama e la candidata Jill Biden, che pure non l’ha esplicitamente citato, dal sindaco di New York Cuomo a Bill Clinton, quest’ultimo contemporaneamente implicato nel caso Epstein – puntare i riflettori sul presidente Trump, trovare come collante per le diverse anime del partito il nemico comune, per convincere gli elettori a scegliere Biden in un programma elettorale riassumibile in sintesi in un “tutti contro Trump”, il “pericoloso populista” da abbattere. Niente di nuovo sotto il sole. Nel frattempo i sondaggi, nonostante la pandemia da coronavirus abbia duramente colpito gli Stati Uniti, danno i due sfidanti di poco distanti, con 4 punti di vantaggio, al momento, per Biden. Prosegue, poi, la polemica sul voto via posta, giudicato da Donald Trump soggetto a possibili brogli, con il Presidente che non intende concedere fondi straordinari al Servizio Postale. Il direttore delle Poste Usa, Luis DeJoy ha deciso, di rimando, di bloccare le riforme per tagliare i costi di gestione di un servizio già in crisi e ora messo a dura prova dal Covid, proprio per permettere un ampio uso del voto postale.

Rapporto Russiagate: la commissione del Senato americano conferma il complotto anche se “non ci sono prove”

Secondo la Commissione intelligence del Senato Usa, la Russia avrebbe sostenuto l’elezione di Trump nel 2016, queste le conclusioni dopo tre anni di indagini. Eppure anche a detta del presidente della stessa commissione, Marco Rubio, “non ci sono prove certe”.