di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Alla fine le previsioni si sono avverate e, per quanto riguarda il blocco dei licenziamenti, si è trovato un compromesso fra le forze di maggioranza stabilendo criteri variabili. In sostanza le aziende potranno licenziare a partire da una data che cambierà a seconda del momento nel quale hanno iniziato a usare la cassa Covid ed eventualmente la proroga alla cassa stessa. Spalmando così il “via libera” ai licenziamenti in un arco di tempo di un mese e mezzo, dal 17 novembre al 31 dicembre. Una decisione non solo economico-sociale, ma anche politica e volta ad evitare un brusco ritorno alla realtà per la maggioranza di governo, diluendo i licenziamenti – che, purtroppo, ci saranno e saranno tanti secondo le previsioni – per attenuarne l’impatto. Ci saranno anche esoneri contributivi per chi non ha fatto ricorso alla seconda Cig, ma solo alla prima, usata però nei mesi di maggio e giugno, e all’esonero corrisponderà anche in questo caso un divieto quadrimestrale ai licenziamenti. Poi i costi della nuova cassa per le aziende saranno modulati in base all’effettivo calo del fatturato. Nel decreto ci sono alcune misure di sostegno al Sud con degli sgravi fiscali per le imprese, al turismo con il congelamento della seconda rata dell’Imu per hotel e stabilimenti balneari, poi un’indennità per gli stagionali. Per la ristorazione è stato previsto qualche bonus, poca cosa rispetto ad un settore determinante per tutta la filiera agroalimentare. Ci sono anche altre misure per tassisti e ncc, l’estensione della moratoria sui prestiti, fondi agli enti locali e alla scuola, bonus auto e qualche altro aiuto per affrontare le conseguenze della crisi Covid. Poi ipotesi ancora da verificare per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato. Nel complesso si tratta di un risultato di compromesso fra le forze politiche al governo, che rimanda di qualche altra settimana i gravissimi problemi economici e sociali che si profilano all’orizzonte. Le stime sui posti a rischio sono impressionanti, fino a 850mila. Il decreto, seppure costoso per le casse pubbliche, 25 miliardi, sembra solo un’altra piccola boccata d’ossigeno, incapace, però, di fornire una visione concreta di ripresa. Le misure sono pure necessarie, l’Ugl da tempo chiedeva di prolungare il blocco dei licenziamenti, ma non sufficienti. L’impressione è quella di una barca che affonda e di tante toppe – sotto forma di bonus, secondo il tipico modus operandi della sinistra – a cercare di chiudere le falle, non per impedire, ma per rallentare di un po’ lo sprofondare della nave. Manca un piano, manca un progetto per il futuro del nostro Paese, gli interventi sono tentennanti e non c’è una linea chiara, un disegno coraggioso e realmente capace di incidere e innescare la ripartenza su investimenti, politiche del lavoro, tasse. Mentre all’Italia serve un vero cambiamento economico, sociale, fiscale.