di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

Premiare chi non ne ha bisogno, indebitare fino al collo chi è in difficoltà con risorse elargite a lento rilascio: è questo il nuovo corso dell’Europa che oggi si sta celebrando? Dunque l’ingente debito pubblico italiano non fa più paura all’Europa, perché sarà presto nelle mani della stessa Ue la quale, dopo un’estenuate trattativa e ingenti sconti o rimborsi offerti ai più acerrimi nemici dei Pesi del Sud, sceglie di sostenere il rilancio di “bisognosi” erogando risorse a partire dal 2021, quando cioè chissà quante imprese avranno già chiuso i battenti. Tanto da rendere più “appetibile” il Mes, dato che le sue risorse sono immediatamente disponibili. Sembra quasi una trappola, vero? Non basta. Gli aiuti ai Paesi in difficoltà arriveranno a fronte di piani e riforme – ecco dove si annida il diavolo – che saranno sottoposte ad un maggioranza qualificata del Consiglio europeo e ad un «freno di emergenza» in mano ad ogni Stato che chiederà l’intervento del Consiglio per valutare la reale attuazione dei programmi e il raggiungimento effettivo degli obiettivi che un Paese si è dato. Bene ha fatto quindi la leader di FdI Giorgia Meloni a definire il freno un «commissariamento» e così anche il leader della Lega Matteo Salvini a dire che si tratta di «soldi in cambio di sacrifici». E poi l’Italia ce l’ha un piano di rilancio? La parte più difficile inizia adesso, al di là dei risultati economici e politici, propagandistici, che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha portato oggi a casa. Non a caso Conte ha pensato ad una task force per il pacchetto di riforme da portare al Consiglio, segno evidente di una manifesta difficoltà. Lo affermo non per mero pregiudizio politico, ma con dati di fatto alla mano, verificabili nelle pagine dei decreti illegibili, lacunosi, farraginosi, ritardatari fin qui presentati; alla luce delle risorse mai arrivate in termini di cassa integrazione e di liquidità a lavoratori dipendenti, liberi professionisti, imprese; alla manifesta incapacità di tamponare l’emergenza, buttando risorse, in qualche simbolica quanto inutile misura per far vedere che il Governo persegue le proprie battaglie. Come l’unica sopravvissuta, la “svolta green”, della quale la bicicletta elettrica e il monopattino rappresentano i simboli. Tutto ciò mentre il mercato dell’Auto in Europa e in Italia sprofonda, mentre la Siderurgia resta ancora senza il barlume di una luce che segnali l’uscita dal tunnel, mentre da ieri un lungo elenco di categorie con in testa i commercialisti nei prossimi 14 giorni dovranno adempiere a ben 246 scadenze fiscali. Dunque la previsione più probabile e possibile al momento è che l’Italia andrà a sbattere. Quasi sicuramente in monopattino.