Si parla di semplificazione, ma il governo si perde sempre più nella burocrazia

Dopo il caos in Parlamento, con gli stessi onorevoli spesso incerti su cosa stavano effettivamente votando e con la stessa ragioneria dello Stato perplessa sulle coperture, l’approdo del testo al Senato ha permesso di avere un quadro più chiaro di cosa è diventato il decreto legge 34/2020, il cosiddetto decreto Rilancio. I saldi sembrerebbero essere rimasti gli stessi, anche se non sono mancati una serie di ritocchi, distribuiti a pioggia su una quantità enorme di articoli. Ciò che è andato effettivamente fuori controllo è il numero dei decreti attuativi, passato da poco più di cento a circa 150, il 50% in più. A conti fatti, il provvedimento, che già adesso conta poco meno di 700 pagine, avrà bisogno di almeno altre duemila pagine di disposizioni per diventare pienamente attuativo, alle quali si andranno ad aggiungere le circolari esplicative di Inps, Inail, Agenzia delle entrate e tutti gli altri enti coinvolti, regioni e comuni compresi. Intanto, l’articolo 70-bis fissa un punto che vale per tutti i datori di lavoro: in deroga a quanto previsto dal Cura Italia, come modificato dal decreto Rilancio, i datori di lavoro, che hanno già fruito delle nove settimane (Cura Italia) più le prime cinque del Rilancio, possono accedere anche alle altre quattro settimane previste in origine a decorrere dal 1° settembre. Il saldo finale resta lo stesso – 18 settimane -, ma cambia la scansione temporale.