Non c’è traccia della partecipazione, nonostante le anticipazioni di villa Pamphilj
Poche novità di rilievo dalla lettura della bozza del Programma nazionale di riforma che il governo non ha allegato al Documento di economia e finanza e che ora sta per mandare a Bruxelles. Si parla di un piano straordinario di potenziamento dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro, con 11.600 assunzioni nel triennio, non è chiaro se aggiuntive o se, piuttosto, il frutto della stabilizzazione dei famosi navigator. Comunque sia, anche così il personale dei centri per l’impiego in Italia sarebbe all’incirca un quinto di quello dei centri tedeschi. Si parla anche di una azione di sostegno alla contrattazione collettiva di secondo livello, attraverso gli incentivi fiscali e contributivi, che oggi interessa non più di 2,5 milioni di dipendenti del solo settore privato. Il governo insiste pure sulla istituzione di un salario minimo, senza però scendere nei particolari, e sulla riforma della rappresentanza sindacale, rispetto alla quale si richiama il testo unico del 2014, modificato nel 2017. Previsti inoltre l’istituzione di un osservatorio nazionale del mercato del lavoro e l’aggiornamento del testo unico in materia di salute e sicurezza. Sul versante lavoro pubblico, l’esecutivo intende chiudere la tornata dei rinnovi contrattuali del triennio 2019-2020, anche se le risorse al momento disponibili non sembrano sufficienti. In caso di ripresa del Covid-19, lavoro agile al 50% per i dipendenti pubblici.