In Italia solo il 62,1% ha almeno un diploma secondario. Nell’Ue a 27 il 78, 4%. Ampie le diversificazioni territoriali e di genere. Il caso calabrese: leggero regresso dei laureati sotto il 20%.

Che paradosso: l’Italia è la seconda/terza manifattura in Europa e allo stesso tempo tra i Paesi europei meno scolarizzati, anche in riferimento alle classi d’età più giovani. E ci meravigliamo ancora di non riuscire a crescere? Secondo il rapporto annuale dell’Istat, nel 2019 nell’Ue a 27 (senza Regno Unito) il 78,4% della popolazione tra 25 e 64 anni possedeva almeno il diploma secondario, ma in Italia solo 62,1% (-16,03 punti). Sebbene nel 2004 il nostro Paese abbia compiuto una crescita di circa 13,5 punti percentuali, grazie alla fuoriuscita dal perimetro d’osservazione delle generazioni più anziane e al progresso della scolarizzazione in quelle più giovani, lo “sforzo” non è bastato a colmare il distacco con gli altri paesi dell’Unione. In Italia hanno almeno un diploma quasi i tre quarti dei giovani tra i 30 e i 34 anni (+11 punti percentuali rispetto al 2009), ma nell’Ue27 la media è dell’84%. Il divario è maggiore, e crescente, se si considerano i 30-34enni con titoli universitari, pari al 27,6% nel nostro Paese (ultimo nell’Unione insieme alla Bulgaria), contro il 40,3% per l’Ue27. Livelli e andamenti che poi vanno a diversificarsi sul territorio e per genere (qui anche nel resto d’Europa). I laureati superano il 30% dei giovani tra i 30 e i 34 anni in Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e nella provincia di Trento. All’opposto, in Sicilia, Puglia e Calabria si osservano i valori più bassi per i laureati, i più elevati per la popolazione meno istruita e i progressi minori. Addirittura, nel caso calabrese si è verificato un leggero regresso dei laureati, sotto il 20%. In Italia, gli abbandoni precoci dal sistema di istruzione e formazione – misurate come quota dei giovani tra 18 e 24 anni con al più la licenza media o una qualifica biennale e non impegnati in formazione – sono diminuiti dal 35,1% nel 1994 al 13,5% nel 2019. Tra il 2002 e il 2019 il distacco con l’insieme dei paesi dell’Unione si è ridotto da 7,3 a 3,3 punti percentuali. Tuttavia abbandoni e progressi sono diversificati in base al territorio, delineando un quadro analogo a quello dell’istruzione universitaria. L’Istat ha certificato anche l’inadeguatezza dell’insegnamento secondario in Italia: l’incidenza degli studenti quindicenni con competenze insufficienti rilevata dall’indagine PISA 2018 è appena superiore alla media europea per la comprensione dei testi scritti e ancora più alta per la matematica e le scienze. Qui sta il punto.