di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il “virus” delle diseguaglianze sociali nel Paese è cresciuto col Covid-19. Già in Italia c’erano forti disparità, scarsa meritocrazia e la classe d’origine influiva in modo determinante sullo status sociale, ma ora le cose sono peggiorate. Lo dice il rapporto annuale Istat uscito oggi: per la prima volta, nella generazione dei giovani adulti, quelli nati fra il 1972 ed il 1986, le persone che hanno una posizione sociale peggiore rispetto ai propri genitori sono di più, il 26,6%, in confronto a quelle che, invece, hanno uno status migliore, il 24,9%. Insomma, ormai in Italia la scala sociale sembra orientata più verso la discesa che la salita. Non solo è difficile migliorare la propria posizione, e questa era già cosa nota, ma oggi il rischio concreto per le nuove generazioni è quello di avere una collocazione non migliore e nemmeno uguale, bensì, addirittura, peggiore rispetto a quella della famiglia d’origine. Alla crisi economica scatenata dal lockdown ha reagito meglio, ovviamente, chi partiva da posizioni più solide, per gli altri, invece, sono ulteriormente diminuite le opportunità. Molte imprese, ad esempio, prevedono per il prossimo futuro una “riduzione sostanziale” dei dipendenti. In questo modo ci sono meno posti disponibili e quindi si abbassano ancora le possibilità di migliorare o quantomeno mantenere il proprio tenore di vita e a soffrirne è la parte della popolazione meno abbiente e integrata socialmente, i giovani e le donne. Le diseguaglianze, dice sempre il rapporto, iniziano già da prima dell’ingresso nel mondo del lavoro, nella scuola. Già il percorso di studi dei giovani era condizionato dalle possibilità della famiglia, ma, anche in questo caso, le diseguaglianze adesso sono state accentuate dal Covid, dalla chiusura delle scuole e dalla didattica a distanza. In una situazione di recessione e impoverimento generale le opportunità non possono che ridursi e le possibilità di crescita personale diminuire, a discapito soprattutto di chi parte già da posizioni svantaggiate. Bisogna reagire a questa situazione, per evitare il complessivo peggioramento delle prospettive di vita della nostra popolazione. Per fare in modo che ci siano opportunità per tutti servono strumenti per il sostegno di chi è in difficoltà, naturalmente, ma è anche necessaria un’economia viva e orientata alla crescita, senza la quale non ci sono né risorse adeguate da destinare al welfare né concrete possibilità di lavoro e quindi inclusione e crescita sociale. Serve una visione orientata allo sviluppo, occorrono misure volte a far ripartire l’economia e rilanciare l’occupazione, investimenti in infrastrutture, un fisco che sostenga la produzione e il lavoro. Senza un contesto produttivo adeguato, le diseguaglianze non possono che aumentare, bisogna fare presto.