Anac, nella PA «molto basso il valore della tangente». È fallimento dello Stato. «Desta particolare allarme il fatto che la Funzione pubblica sia venduta per molto poco, 2.000 o 3.000 euro, a volte anche per soli 50 o 100 euro»

La corruzione non è certamente un valore, ma può essere il termometro del valore che si attribuisce ad un bene o ad un servizio. Durante la presentazione della Relazione annuale sull’attività svolta nel 2019, il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), Francesco Merloni, ha riferito che nella Pubblica Amministrazione «il fenomeno corruttivo è piuttosto polverizzato e multiforme e coinvolge quasi tutte le aree territoriali del Paese. Il valore della tangente è di frequente molto basso e assume sempre di più forme diverse dalla classica dazione di denaro, come l’assunzione di amici e parenti. Desta particolare allarme il fatto che la funzione pubblica sia venduta per molto poco, 2.000 o 3.000 euro, a volte anche per soli 50 o 100 euro». Forse anche gli stipendi molto bassi dei dipendenti e il progressivo impoverimento dello Stato, dovuto sia a decenni di tagli sia all’assenza di un progetto complessivo di riforma, hanno determinato tutto ciò. Addirittura «tra le contropartite più singolari, riscontrate nel 21% dei casi esaminati, figurano ristrutturazioni edilizie, riparazioni, trasporto mobili, pasti, pernottamenti e buoni benzina. In un caso segnalato quest’anno, in cambio di un’informazione riservata è stato persino offerto un abbacchio». Lo Stato, insomma, sembra essere diventato una “bad company”, tale da rendere quasi una strada obbligata rivolgersi a consulenti esterni per avere una prestazione decente? Non proprio o, almeno, l’Anac non sembra essere di questo avviso: «Per superare la crisi, sembrano riaffacciarsi in questi giorni ipotesi rischiose come quelle di un largo utilizzo dei “super-commissari”, del “modello Genova” per alcuni appalti sopra soglia, con amplissime deroghe (ad accezione delle norme penali e di quelle antimafia), e l’affidamento diretto fino a 150.000 euro senza alcuna consultazione degli operatori economici. Ben vengano tutte le semplificazioni necessarie, ma non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio; al contrario, le deroghe indiscriminate creano confusione, i rup e le imprese non hanno punti di riferimento e si rischia di favorire la corruzione e la paralisi amministrativa». Poi ci si è messo anche il Covid: se tra il 2017 e il 2019 «la domanda dei contratti pubblici è crescita sensibilmente, l’emergenza Covid ha cambiato completamente lo scenario. Nel primo quadrimestre del 2020 le procedure c.d. “perfezionate” sono scese di circa il 24% in numero e del 33% in valore». Sarà il caso di prendere, seri, provvedimenti?