di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Commercio in crisi e industria in affanno, questo è, in sintesi, lo scenario economico italiano post Covid-19. I dati arrivano ogni giorno e sono allarmanti. Oggi, ad esempio, alcuni, relativi alla sola Regione Campania, li ha forniti Confesercenti: ventimila esercizi ancora chiusi dopo il lockdown e una stima di altri 47mila in procinto di chiudere, con la conseguenza di 140mila posti di lavoro a rischio e perdite per 28 miliardi. Tutto questo in una sola Regione. Possiamo immaginare cosa voglia dire estendere questa proiezione, seppur adeguandola alle varie caratteristiche delle economie delle diverse aree del Paese, a tutta Italia. Lo scenario è drammatico e trasversale: la crisi ha coinvolto tutti, imprese piccole e grandi, dipendenti e imprenditori. Se i settori più colpiti sono alcuni – turismo, commercio al dettaglio – a cascata la contrazione comporta effetti negativi anche per altri comparti, in uno scenario preoccupante che qualcuno ha già paragonato a un vero e proprio tsunami economico. Gli aiuti offerti dal governo sono stati decisamente inadeguati, inconsistenti. Di fronte a tutto questo, l’unica soluzione sensata e praticabile al fine di evitare lo scenario peggiore, ovvero una crisi economica, occupazionale e sociale talmente profonda da mettere a rischio la tenuta stessa del Paese, è quella di allentare la pressione fiscale: far respirare imprese e lavoratori per consentire la ripresa delle attività economiche e dei consumi. L’argomento, ovvero il rapporto fra impianto fiscale ed economia in tempo di recessione, non è nuovo. Affrontato ai tempi della crisi del 2008, anch’essa grave ma a questo punto imparagonabile rispetto a quella attuale. Già allora qualcuno riteneva che la soluzione fosse quella di inasprire tasse, balzelli e controlli con l’intento di raschiare il fondo del barile, piuttosto che progettare la ripresa. Sappiamo come è andata a finire. Errare è umano, ma perseverare diabolico. Eppure il governo sembra intenzionato a riprodurre gli stessi sbagli: tetti al contante, controlli pervasivi in stile “Grande Fratello”. Certo, bisogna combattere l’evasione fiscale, ma in modo del tutto diverso. Innanzitutto le scadenze, data la crisi in atto, vanno rimandate almeno fino all’autunno. Poi servono tasse più basse a carico di imprese e lavoratori, più eque, la Flat Tax, e un sistema più semplice, per incoraggiare la libera iniziativa economica e favorire chi lavora, per aiutare gli imprenditori in difficoltà che vorrebbero essere in regola col fisco e per stanare, al contempo, gli evasori incalliti, che non pagano per fini di lucro e non per necessità. Una soluzione giusta e praticabile che aspettiamo da anni per veder rifiorire la nostra economia e che nella situazione attuale non è più rinviabile.