Dal caso Palamara al caso Berlusconi: i tanti nodi della Giustizia

La Giustizia e il Tempo non sono solo due concetti fondamentali per uno Stato di diritto, ma sono anche un binomio inscindibile. Non bastava, a nocumento del già difficile rapporto tra cittadini e istituzioni, il caso Luca Palamara ovvero dell’ex componente del Consiglio superiore della magistratura e del più giovane presidente dell’Associazione nazionale magistrati, accusato di corruzione dalla Procura di Perugia, ad aprire una voragine insanabile nel mondo della Giustizia, in Italia già oggetto di accuse sia in termini organizzativi sia politici (nel senso di scarsa, se non assente, terzietà), adesso si è aperto anche un nuovo Caso Berlusconi. Dopo 7 anni, Berlusconi da grande accusato diventa vittima: grazie all’emergere sul quotidiano Il Riformista, che per capirci ha una linea editoriale opposta a quella de Il Fatto Quotidiano, del contenuto della sentenza del Tribunale civile di Milano che a gennaio ha «smontato» quella della Cassazione che portò nel 2013 all’unica condanna di Silvio Berlusconi, unica su 70 processi, alla decadenza di Berlusconi dalla carica di Senatore e Forza Italia, partito allora del 21%, ad una fase molto difficile della sua vita. Il contenuto della sentenza del Tribunale di Milano si trova in un supplemento di ricorso alla Corte Europea, presentato dagli avvocati del leader di Forza Italia, corredato di registrazioni di colloquio del magistrato Amedeo Franco, relatore in Cassazione, recentemente scomparso, unico allora a chiedere l’assoluzione perché non vi era reato, parlando con Berlusconi di «una decisione presa a priori», di «un plotone di esecuzione».
«Ci sono le prove che la sentenza che condannò Berlusconi al carcere, nel 2013, e che diede il via al declino precipitoso di Forza Italia, era una sentenza clamorosamente sbagliata. E per di più c’è il forte sospetto che lo sbaglio non fu dovuto solamente a imperizia dei giudici, ma – forse: scriviamo dieci volte forse – a un disegno politico», ha scritto Piero Sansonetti, direttore de Il Riformista, che ha pubblicato i documenti in esclusiva. Delle rivelazioni dirompenti, che risuonano alla lontana con quelle oggi più famose di Luca Palamara in cui disse: «Salvini va comunque attaccato», al procuratore capo di Viterbo, Paolo Auriemma, che invece sosteneva: «Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando», in merito alla chiusura dei porti. E ancora: «Indagato per non aver permesso l’ingresso a soggetti invasori. Siamo indifendibili. Indifendibili». Già, ma la Giustizia e il dritto dei cittadini a fidarsi delle istituzioni, a veder rispettato il proprio voto, chi li difendono? Solo il Tempo potrà dirlo.