di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

Che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sia in queste ore accerchiato è dire poco. Che l’accerchiamento sul Mes sia partito dall’Ue è lapalissiano e lo è altrettanto il fatto che nella storia italiana non c’è mai stato un premier libero da tali condizionamenti, tranne che per un’unica libertà: o andare contro alle pressioni, pagando politicamente, o andarvi a favore, e a pagarla sempre e solo gli italiani. Sarà per questo che in Italia è nato il sovranismo? Domanda retorica che spiega le ragioni dell’accerchiamento con il quale l’Ue, il Pd e una parte del M5s, minoritaria nei numeri ma governativa, sta cercando di convincere Giuseppe Conte a capitolare e a dire di sì. In politica gli aiuti incondizionati non esistono – figuriamoci i prestiti – e questo per l’Ue è un modo di “battere cassa”, dopo tanti “aiuti” (la nascita del Conte bis, le nomine italiane nelle istituzioni Ue). Tanto da far risuscitare un grigio segretario di partito come Nicola Zingaretti. Nella diatriba sul Mes dove si trova il bene del Paese? Non c’è, perché più importanti sono gli equilibri politici o, meglio, la sopravvivenza del Governo. Il presidente della Toscana, Enrico Rossi, sempre presente nel dibattito nazionale, in un post su Facebook ha scritto a lungo della «pericolosa attrazione tra M5stelle e Lega», sottolineando negativamente la scelta di «decidere di non decidere» e notando, con il solito disprezzo come «su certi temi tra la destra populista di Salvini e il populismo del M5stelle sembra esistere una affinità che non fa ben sperare per il futuro». Non farà ben sperare lui, ma «l’affinità» può essere vista, al di là degli sviluppi, come nemesi, le cui radici si trovano nel tradimento del voto del 4 marzo 2018 con la nascita, sostenuta dalla Ue, del Conte Bis.
Ma per quanto ancora Conte potrà temporeggiare, davvero fino a settembre? Dal castello di Meseberg, Merkel e Macron hanno parlato chiaro e all’unisono – è il «momento della verità» – , hanno dato i tempi della discussione, bisogna «approvare il Recovery Fund prima della pausa estiva». Quest’ultimo infatti, come anche la Cig europea («Sure»), è strettamente connesso all’approvazione del Mes da parte dei Paesi più in difficoltà, come Italia e Spagna, perché in caso contrario, dire di no significherebbe non essere così in difficoltà e portare i Paesi frugali (capeggiati dall’Olanda) a chiedere un ridimensionamento della portata del Recovery Fund.
E quindi, duole dirlo, ma probabilmente ha ragione il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, quando riferendosi al M5s ha detto: «Gli 80euro? Erano una mancia elettorale: dopo tante critiche ci hanno messo qualche euro in più ed è diventata la “grande rivoluzione”. Con il Mes si inventeranno qualcosa per renderlo digeribile sui giornali. Quei soldi ci servono e li prenderemo. Questa è politica, non populismo». Nell’interesse di chi?