di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Chissà quando finirà lo sport di prendersela con i cosiddetti fannulloni? Pietro Ichino in questi giorni è tornato ad occuparsi dei lavoratori pubblici affermando che lo smart working «nella maggior parte dei casi è stata solo una vacanza pressoché totale, retribuita al cento per cento», suggerendo di introdurre anche nella Pubblica amministrazione la cassa integrazione, come se la coperta non fosse già molto corta, e destinando il risparmio a infermieri e medici in prima linea o a fornire pc agli insegnanti «costretti a fare didattica a distanza con i propri mezzi». È decisamente una soluzione più suggestiva che efficace ed efficiente quella indicata da Ichino, che può convincere solamente coloro che sono già convinti che tutti i mali della Pubblica Amministrazione dipendano solo dai lavoratori pubblici e non da una sclerotica quanto vetusta organizzazione. Qual è l’obiettivo di questa gratuita invettiva? Far lavorare i dipendenti pubblici? In cassa integrazione non potrebbero. Far risparmiare soldi allo Stato? In parte si, ma aggravando il bilancio dell’Inps, per alleggerire il quale si propongono da decenni sempre più nuove e punitive riforme previdenziali. Quota 100 esclusa, che infatti da alcuni noti professori viene avversata. Se invece l’obiettivo fosse davvero rendere più efficiente la Pubblica Amministrazione, – e non abbandonarsi ad una retorica quanto vecchia polemica – un modo ci sarebbe: l’introduzione della vice dirigenza o di un’area predirigenziale, ad oggi assente. Con l’introduzione di questa area professionale – che la Legge Frattini del 2002 tentò di istituire, ma che fu poi abrogata per le resistenze diffuse negli apparati – non solo si eliminerebbero gli attuali costi della dirigenza, che così potrebbe essere ridimensionata nel numero e destinata a settori strategici, ma soprattutto si creerebbe un’area di controllo diretto del personale, del suo operato e della sua efficienza/inefficienza. I detrattori sostengono che con la vice dirigenza si creerebbe un’altra area di privilegio, un’altra casta, sclerotizzando ulteriormente la PA. Ma tutto è fermo e inefficiente già adesso e le caste, guarda caso, sono due: i colletti bianchi e i dirigenti. Forse bisognerebbe iniziare a dare obiettivi veri, a misurarli, a premiarli quando ce ne sono le ragioni oggettive e a prendere provvedimenti in caso di comportamenti negativi, senza aspettare l’ennesima inchiesta che infangherà una volta di più l’immagine dello Stato. Lo sport di andare a caccia del fannullone passerebbe di moda e potremmo anche sapere di chi è la responsabilità quando le cose non funzionano.