Fase 3: «marcato» calo del lavoro. Ad aprile 274 mila occupati in meno. Sono i dati diffusi oggi dall’Istat

Fase3, oggi è caduto un altro divieto: si torna a circolare in tutta Italia. Dunque sì ai viaggi interregionali e «senza condizioni». Fino ad un certo punto però: a livello locale si stanno adottando contromisure diverse per evitare altri contagi. Restano tuttavia il divieto di assembramento, il mantenimento della distanza interpersonale e l’uso della mascherina nei luoghi chiusi. Ma è sempre di oggi la vera doccia fredda, anzi ghiacciata, dei dati Istat sul lavoro: nel mese di aprile, nel pieno del lockdown, sono stati rilevati 274 mila occupati in meno rispetto al mese precedente. Nulla di sorprendente, in realtà, ma non per questo meno allarmante. L’Istituto parla di una «marcata diminuzione del lavoro», «decisamente più marcata rispetto a marzo», che nei due mesi, marzo e aprile, ha prodotto un calo complessivo di 400 mila occupati e di un punto percentuale del tasso di occupazione. Gli inattivi, coloro che non sono alla ricerca attiva di un lavoro, ad aprile salgono di 746mila unità, anche in questo caso si parla di «un’ulteriore forte crescita dell’inattività».
Senza lavoro l’Italia non riparte e così anche senza le attività economiche, le quali, quelle che resistono, non hanno trovato nei provvedimenti del Governo né strategia né sufficienti risorse. Non può giovare, soprattutto al turismo, neanche il dibattito sulla caduta dell’ultimo divieto di circolazione tra regioni. Gli stessi cittadini e le imprese italiane nonché i Paesi Ue e extra Ue osservano l’Italia non solo per capire dove andare in vacanza. Se oggi il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, dichiara da una parte: «L’Italia vuole mostrare a tutti di essere pronta ad accogliere turisti stranieri, in sicurezza e con la massima trasparenza dei dati», visto che anche i cittadini dell’area Schengen e della Gran Bretagna potranno venire nel nostro Paese senza obbligo di quarantena e senza altre restrizioni, dall’altra parte Massimo Galli, primario di Malattie all’ospedale Sacco di Milano, afferma dalle colonne de Il Messaggero: «Alla domanda astratta e teorica se io avessi aperto i confini risponderei: a luglio, forse». È adesso che viene la parte più difficile.