Bonomi stima un calo di almeno un milione di lavoratori; Capone: «Anche di più»

La certezza è che ci sarà un crollo degli occupati, l’ammontare, però, ancora non è dato sapere, visto le tante variabili in campo, dall’andamento del prodotto interno lordo a quello dei consumi. L’ultimo a intervenire è stato il nuovo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che stima il calo degli occupati in almeno un milione di unità. Se poi, come ha fatto il segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone, lo sguardo si allarga anche al mondo del lavoro autonomo, gli occupati a fine anno potrebbero scendere dagli oltre 23,3 milioni della fine del 2019 ad una cifra intorno ai 20 milioni. L’Istat, che già qualche settimana fa aveva segnalato l’incremento di 410mila unità degli inattivi, ora aggiunge che i posti di lavoro persi sono 385mila nel periodo di chiusura forzata. Del resto, l’incremento degli inattivi è, a tutti gli effetti, una sorta di paravento statistico, in quanto la persona è considerata disoccupata se ricerca attivamente un lavoro, cosa difficile da fare, nel momento in cui una parte importante delle attività produttive sono chiuse. La cosa che rende complessa la ripresa è che proprio le attività rimaste chiuse sono spesso anche quelle che di solito registrano dinamiche occupazionali più fluide, come il commercio e il settore alberghi e ristorazione, nei quali, peraltro, l’impatto del lavoro a tempo determinato è più del doppio rispetto all’industria, il settore di riferimento del presidente Bonomi.