Recovery Fund: l’Ue mette sul piatto 750 miliardi. Basteranno? Salvini: «Noi ci aspettiamo dall’Europa non più promesse ma soldi veri»

È giornata «storica», è «svolta»? È il giorno del Recovery Fund (per esteso European Recovery Plan), del Piano Marshall tanto atteso: la Commissione Ue emetterà bond per 750 miliardi, di cui 500 in sussidi, sovvenzioni e 250 in prestiti agli Stati. La Commissione ha dichiarato che «si tratta di una proposta storica una tantum che riflette la dimensione delle sfide» da vincere. Le risorse saranno canalizzate attraverso i programmi Ue e ripagate nel lungo periodo attraverso i bilanci futuri della Ue, non prima del 2028 e non dopo il 2058. Proposte a tal scopo anche una serie di nuove entrate proprie e una correzione dell’attuale quadro finanziario Ue, per avere disponibilità di 11,5 miliardi di finanziamenti, al fine di usare i nuovi strumenti già nel 2020. Immediato ed entusiasta il giudizio del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nonostante avesse sempre chiesto almeno 1000 miliardi di risorse: «Ottimo segnale da Bruxelles; va esattamente nella direzione indicata dall’Italia. Siamo stati descritti come visionari perché ci abbiamo creduto dall’inizio. 500 miliardi a fondo perduto e 250 miliardi di prestiti sono una cifra adeguata. Ora acceleriamo sul negoziato per liberare le risorse presto. Che le capitali europee lo assecondino». Meno suggestionato dal Recovery Fund, il leader della Lega, Matteo Salvini: «Noi ci aspettiamo dall’Europa non più promesse ma soldi veri». Echeggiano ancora nell’aria le parole del presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, pubblicate stamattina dal quotidiano La Stampa: «Se il Recovery Plan non sarà all’altezza delle ambizioni, il Parlamento non lo sosterrà». Non volendo con ciò riferirsi alle risorse, che già si aspettava adeguate, semmai all’esistenza di un progetto complessivo «che rafforzi le politiche di sviluppo, faciliti il Green Deal e la digitalizzazione, sostenga le economie in crisi». Il tempo ci dirà se le parole di Sassoli sono state determinate semplicemente da un gioco delle parti, dovute anche a quella che è la sua personale mission ovvero riconquistare il ruolo che compete all’Europarlamento, o se sono parte di quel braccio di ferro ancora in atto tra Paesi cosiddetti “frugali” , quelli del Nord per intenderci, e i Paesi del Sud, più in crisi, visto che i governi nazionali che dovranno bollinare il piano con cui l’Europa intende uscire fuori dalla crisi virale.