Intanto scoppia il caso del petrolchimico di Brindisi: a rischio in 1.500

Alla fine l’emergenza epidemiologica da coronavirus è servita per prendere tempo. ArcelorMittal, dopo aver fronteggiare la dura protesta dei sindacati e dei lavoratori negli stabilimenti dell’ex Ilva in Liguria e a Taranto, ha presentato la richiesta per l’accesso alle cinque settimane aggiuntive con causale Covid-19 previste dal decreto Rilancio che si aggiungono alle altre nove del Cura Italia. Cinque settimane significa, sostanzialmente, arrivare ai primi di luglio. Un mese o poco più, quindi, per mettere in piedi quel piano industriale che le federazioni di categoria di Cgil, Cisl, Uil ed Ugl continuano a chiedere da tempo, nei vari incontri che si sono succeduti al ministero dello sviluppo economico, direttamente in azienda e attraverso gli organi di informazione. A Taranto, sono 8.173 i lavoratori coinvolti in questa nuova tornata di cassa integrazione; di questi 3.262 sono gli addetti all’area a caldo, 1.561 quelli dell’area a freddo e 3.350 fra i servizi. Nel complesso, si tratta di 5.626 operai e 1.677 impiegati. Intanto mentre proseguono le schermaglie fra l’amministratore delegato, Lucia Morselli, e il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, si apre il caso del petrolchimico di Brindisi, dopo il blocco deciso dal sindaco Riccardo Rossi che sta avendo pesanti ripercussioni su tutta la filiera che occupa 1.500 addetti. Un vertice con sindacati e Eni-Versalis, Enipower e Basell si è tenuto in prefettura.