Pesa la violazione di legge, un concetto che si applica al datore e al dipendente

L’Inail torna a chiarire ancora una volta quella che è diventata una delle principali questione di dibattito, soprattutto nei luoghi di lavoro e fra i consulenti che assistono gli imprenditori, vale a dire fin dove si estende la responsabilità del datore di lavoro nel caso in cui il dipendente contragga il Covid-19, o, per utilizzare la terminologia dell’Istituto, la Sars-Cov-2. La querelle che si trascina ormai da qualche settimana deriva dal contenuto di un articolo del Cura Italia nel quale il contagio e la conseguente fase di quarantena-sorveglianza sono equiparati ad infortunio sul lavoro. Il legislatore, in quel contesto, ha, verosimilmente, fornito la soluzione più immediatamente attuabile, preferendo non equiparare il contagio alla malattia. Del resto, tutti gli anni, centinaia di migliaia di lavoratori dipendenti si ammalano di influenza, molti anche di polmonite, ma la gestione di questi accadimenti è molto più semplice. Viceversa, l’equiparazione all’infortunio sul lavoro ha inevitabilmente aperto un campo vastissimo, perché se c’è un infortunio può esserci anche una responsabilità penale o civile, con tutto quello che ne consegue per il datore di lavoro e per lo stesso lavoratore. L’Inail ha quindi ribadito che la responsabilità scatta laddove vi è violazione di legge, un concetto letto finora dal versante del datore di lavoro, ma che si applica pure al dipendente che non indossa i dpi.