Il governo penserebbe anche al taglio dei congedi parentali per chi non è in sede

Al momento è una delle opzioni in campo, ma avrebbe oggettivamente il sapore della beffa, anche il solo pensarla. La scorsa settimana abbiamo dato nota dell’avvio di un tavolo di confronto della ministra Fabiana Dadone sullo smart working nella pubblica amministrazione. Il tavolo, come si ricorderà, è triplo, con Cgil, Cisl e Uil insieme, poi Ugl, Cisal, Confsal, Usb ed altre sigle ed infine i dirigenti. Parlando in commissione parlamentare, la ministra ha fatto sapere che fra le possibilità in campo vi è anche quella del taglio dei buoni pasto per i dipendenti pubblici che lavorano da casa. Secondo la ministra, «il buono pasto ha senso in un’ottica di presenza fissa, ma è più difficile concepirlo in smart working, le due cose non si connettono tanto». Stesso destino anche per i congedi parentali, mentre soltanto a margine si è parlato di diritto alla disconnessione. La dichiarazione della ministra, chiaramente, ha alimentato un vespaio di polemiche con i sindacati e con l’opposizione, a partire dal leader della Lega, Matteo Salvini. La cosa paradossale è che lo smart working è stato imposto dalla sera alla mattina all’85% dei dipendenti pubblici che hanno garantito un servizio, mettendo a disposizione la loro strumentazione, computer e linea telefonica, senza per questo avere nulla in cambio e rischiando, peraltro, dei richiami disciplinari anche al di fuori del normale orario di lavoro.