Con un lungo post sui social, segno dei tempi o degli effetti del lock down, oggi il presidente del Consiglio ha annunciato la sua intenzione di presentare «prima della fine di questa settimana» il piano per la cosiddetta Fase 2 e «illustrarvi i dettagli di questo articolato programma». Settimana che, è bene ricordarlo, prevede un altro appuntamento cruciale: giovedì 23 aprile i 27 leader degli Stati Ue discuteranno in videoconferenza l’approvazione del pacchetto di strumenti con cui evitare il collasso dell’Eurozona. E con il sì o il no al Mes sapremo chi Conte teme di più, tra Pd e M5s.

Tornando alla Fase 2, «una previsione ragionevole è che (il piano) lo applicheremo a partire dal prossimo 4 maggio», sostiene Conte. Ma le sue migliori intenzioni non godono di uno spazio molto ampio se si considerano, da una parte, le esigenze dei «molti cittadini stanchi degli sforzi fin qui compiuti», «delle imprese e delle attività commerciali da far ripartire» e, dall’altra, quanto affermato oggi anche dal Commissario straordinario Domenico Arcuri ovvero il virus «che è ancora tra noi», «non bisogna prendere nessuna decisione frettolosa». Molte grandi aziende attraverso accordi, nei quali la sicurezza rappresenta il perno fondamentale, stanno già programmando la ripartenza, ma non basta.

Servirà, sarebbe auspicabile, un confronto a 360 gradi con tutte le parti in causa coinvolte e non solo un piano nato all’interno di un gruppo di lavoro composto dal presidente del Consiglio e «dall’équipe di esperti», équipe che sono tante, forse anche troppe. Sarà complesso far ripartire l’economia mentre, come rivelato oggi da una ricerca di Facile.it, mUp Research e Norstat, 10.800.000 famiglie italiane hanno dichiarato di aver visto calare il proprio reddito, a causa della situazione, a circa il 60% delle entrate. E senza che il decreto liquidità abbia dispiegato sulle imprese neanche la metà dei propri auspicati effetti. «Non possiamo limitarci – ha scritto Conte – a pretendere, da parte della singola impresa, il rispetto del protocollo di sicurezza nei luoghi di lavoro. Dobbiamo valutare anche i flussi dei lavoratori che la riapertura di questa impresa genera. Le percentuali di chi usa i mezzi pubblici, i mezzi privati, in quali orari, con quale densità. Come possiamo garantire all’interno dei mezzi di trasporto la distanza sociale? Come possiamo evitare che si creino sovraffollamenti, le famose “ore di punta”? Come favorire il ricorso a modalità di trasporto alternative e decongestionanti?». E se il «programma deve avere un’impronta nazionale» non siamo affatto già a cavallo. Al massimo sul monopattino elettrico, così come avrebbe in mente di far viaggiare i suoi cittadini la Sindaca di Roma, Virginia Raggi.