L’allarme della Svimez: con ripresa attività nel secondo semestre PIL giù dell’8,4%

Anche la Svimez ha provato a tirare le somme sugli effetti negativi che coronavirus e misure anti-contagio stanno avendo sull’economia italiana, scendendo anche nel dettaglio delle singole aree del Paese. Secondo l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno sono cinque su dieci gli impianti “fermi” nel Paese, e nella media nazionale, senza tener conto del settore dell’agricoltura, di quello delle attività finanziarie e assicurative e della Pubblica amministrazione, valore aggiunto, fatturato e occupazione si stanno dimezzando. In termini di valore aggiunto, a livello territoriale, soffrono maggiormente le regioni del Nord, registrando un calo del 49,1%: circa il 6% in più rispetto a quello che sta interessando il Centro ed il Mezzogiorno. Perdite simili, invece, per quanto riguarda gli occupati: la Svimez indica un 53,3% al Nord, un 51,1% al Centro e un 53,2% nel Mezzogiorno. In generale, comunque, un solo mese di lockdown costa al Paese 47 miliardi di euro, di cui 37 al Centro-Nord e dieci nel Mezzogiorno. In termini procapite, si parla di 788 a livello nazionale e di 951 euro e 473 se si considerano rispettivamente Centro-Nord e Sud. L’associazione ha poi formulato delle stime, prevedendo un calo del PIL dell’8,4% a fine anno (-8,5% al Centro-Nord e -7,9%) se l’attività riprendesse nella seconda metà del 2020. «Si tratta di una previsione che considera il solo impatto del “cura Italia” – spiega tuttavia la Svimez -. Ulteriori interventi espansivi potrebbero attenuare la dinamica recessiva».