“Cura Italia”, che confusione al Senato! Testo blindato e forse noto a pochi “eletti”

Critiche prima di tutto nel metodo e poi anche nel merito, di quel che si conosce, sono oggi piovute sul Governo dalle opposizioni, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, con le quali il premier Giuseppe Conte sostiene di aver avuto un confronto aperto. Molta la confusione già stamattina al Senato, dove era in calendario l’esame e il voto al decreto Cura Italia, scarsamente condiviso con le opposizioni. Di conseguenza, era piuttosto intuibile che, per “velocizzare” i tempi, il Governo potesse decidere di blindare il testo con la fiducia, ma la suspance non è mancata. Dopo la sospensione dei lavori alle 11.00 per un “problema tecnico” dovuto niente di meno che all’assenza della bollinatura sulle risorse da parte della Ragioneria dello Stato, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, alle 12.45 ha posto, con “destrezza”, la questione di fiducia sul maxi emendamento, ultima versione del Dl Cura Italia. Dopo poco, il numero due di Forza Italia, Antonio Tajani, dichiarava al TgCom24: «Di punto in bianco il governo ha deciso di mettere la fiducia: o così o niente da fare ma questo non significa collaborare». Alle 14.00 Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia al Senato, durante le dichiarazioni di voto al decreto sottolineava: «Stiamo discutendo della fiducia senza che il maxi emendamento al decreto Cura Italia sia tuttora arrivato in Commissione Bilancio. È un’operazione alquanto strana». L’atmosfera si surriscalda ma alle 14.15 di nuovo il ministro per i Rapporti con il Parlamento ha chiesto altri 15 minuti di sospensione e a questo punto il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, chiede a D’Incà «la ragione di questo ritardo. Io non posso pensare che ci siano stati cambiamenti in corso». I sospetti della Bernini e della Casellati iniziano a diventare realtà. Così il vice presidente del Senato, Ignazio La Russa, in aula a palazzo Madama senza giri di parole afferma: «Se il ritardo nella presentazione dell’emendamento non dipende dalla bollinatura ma da cambiamenti sostanziali nel testo, perché, se non ho capito male, qui si sta parlando di pezzi del vecchio decreto messi nel nuovo. Allora si porrebbe un problema di costituzionalità». Alle cui affermazioni va ad aggiungersi il carico da novanta del senatore leghista Roberto Calderoli: «Alle 12,30 il ministro D’Incà mi ha detto che il testo bollinato c’era. Se non ci fosse stata la bollinatura, non poteva chiedere nemmeno la fiducia. E allora o sono bugiardo io o sono sordo io o lei ha mentito al Parlamento e quando si mente al Parlamento ci si dimette». Al di là della fiducia, viene da pensare che siano ben pochi gli eletti che sanno cosa contenga davvero il Cura Italia, decreto nato insufficiente nelle risorse e nelle misure prima ancora di emettere il suo primo vagito.