di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Si dice che gli amici si vedono nel momento del bisogno e dunque ormai anche gli europeisti più convinti – a proposito, che fine hanno fatto? – saranno costretti ad ammetterlo, a Bruxelles l’Italia non ha molti amici. Stiamo attraversando una lunga e oscura nottata, quella della pandemia da Cornonavirus di cui ancora non si riesce a intravedere la fine, l’alba tanto attesa, eppure la notte non sta portando consiglio all’interno dell’Ue. Il Consiglio europeo si è infatti concluso in un nulla di fatto. Dopo la minaccia di Conte di non firmare le dichiarazioni finali del vertice, alla fine si è arrivati solo a un debole compromesso, consistente nell’impegno della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen e del presidente del Consiglio stesso, Charles Michel, a presentare delle nuove proposte entro un paio di settimane. Prendere tempo, quando di tempo invece ce n’è poco e le economie di interi Stati sono a un passo dal collasso. Per il momento le posizioni dei vari Paesi sono inconciliabili, in particolare fra l’asse dei rigoristi del nord Europa e il gruppo degli Stati del sud, Italia, Spagna, Francia, fra l’altro per ora i più colpiti dal virus. Da una parte il Mes, ovvero un prestito sottoposto a condizioni che, nonostante le rassicurazioni, si preannunciano dure sul piano sociale, con l’esperienza greca a fare da sfondo, dall’altro i Coronabond, ossia un fronte comune contro l’emergenza sanitaria determinata dal Covid-19 e contro la crisi economica scaturita con le conseguenti chiusure di buona parte delle attività produttive attraverso l’emissione di titoli di debito comuni. Unico risultato del vertice, l’impegno a mantenere aperti i confini per la circolazione delle merci, comprese le attrezzature mediche, dopo gli scandali incresciosi delle ultime settimane, con le protezioni sanitarie bloccate alle frontiere all’interno dell’Unione, mentre in Italia avevamo, e ancora abbiamo, un disperato bisogno di respiratori e mascherine. Poca, pochissima cosa, meno del minimo “sindacale”. Ora la palla passa all’Eurogruppo, il vertice dei ministri delle finanze, che dovrà formulare delle proposte. L’impressione amara è che queste due settimane, che si preannunciano di calvario per l’Italia, la Spagna e gli altri paesi del sud, servano a far cedere i più deboli convincendoli ad aderire al Mes e speriamo che il nostro Paese non cada in questo terribile tranello, che comporterebbe conseguenze irreparabili per tutti noi. Se gli amici si vedono nel momento del bisogno, è anche vero che nelle difficoltà si rivelano anche i nemici. Che l’Italia ne tragga le debite conseguenze: o l’Europa cambia, dimostrando di essere una comunità solidale o quantomeno un consesso finalizzato a proteggere gli interessi comuni, quindi anche i nostri oltre che quelli altrui, o forse è meglio che, passata la notte, svanisca anche l’incubo Ue.