di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Ogni giorno il governo emana un nuovo decreto, eppure oltre ai proclami e alle norme sempre più severe, comprese multe piuttosto salate e sanzioni penali, milioni di persone sono lasciate completamente allo sbando di fronte all’emergenza Coronavirus. Senza sapere nulla sul loro prossimo futuro, mentre – ieri ne dovuto parlare lo stesso Conte a fronte delle critiche, che provengono quasi sempre dai social e quasi mai dal sistema di informazione ufficiale – già dallo scorso 31 gennaio il governo ipotizzava uno scenario come quello che stiamo vivendo, senza però correre ai ripari da nessun punto di vista, né sanitario, né economico, anzi con qualche esponente di spicco della maggioranza che incitava a “non avere paura” organizzando eventi e aperitivi. Già questo sarebbe sufficiente a generare più di una perplessità. Ora, a un mese dallo scoppio dell’epidemia nel nostro Paese, siamo immersi in una crisi, non solo sanitaria, ma anche economica e sociale, di proporzioni inaudite. La crisi sanitaria è testimoniata in modo drammatico dal numero altissimo di vittime provocate dal Covid-19, quasi 7mila, mentre ancora non si percepisce appieno l’impatto sul fronte economico e sociale, con tre quarti di Italia chiusa in casa per evitare il contagio, quindi da un lato protetta dal virus, dall’altro impossibilitata a esternare preoccupazione, insofferenza e a protestare contro un governo che non sembra in grado di affrontare la situazione. Sappiamo quali siano i gravissimi disagi dei lavoratori in attività, molti dei quali non hanno le protezioni necessarie a non contagiarsi. Oggi è infatti una giornata di sciopero, i metalmeccanici si astengono dal lavoro in Lombardia e nel Lazio, e anche la categoria dei benzinai, essenziale per garantire gli spostamenti, minaccia la serrata. Chi ancora ha una vita lavorativa attiva, chi può ancora esprimere in qualche modo il proprio dissenso, protesta duramente. Gli altri, chiusi in casa. Alcuni sono in condizioni sostenibili: ovviamente le classi agiate, ma anche i lavoratori in smart working e i pensionati, anche se le affermazioni del presidente dell’Inps Tridico per questi ultimi lasciano spazio a nuove preoccupazioni. Moltissimi, invece, sono allo sbando: i lavoratori in ferie forzate, che presto si esauriranno e lasceranno il posto alla cassa integrazione con quindi meno soldi a fine mese, gli autonomi e le piccole imprese chiuse, con quindi entrate pari a zero. E i 600euro, poca cosa, promessi dal governo, ma che al momento sono un miraggio, mentre non lo sono affatto bollette, affitti, mutui. Spese che, nella migliore delle ipotesi, saranno dilazionate, ma non cancellate. Il tutto a gravare su un popolo che già prima dell’emergenza doveva faticosamente fronteggiare una crisi economica costante, già impoverito e precarizzato. Noi dell’Ugl abbiamo proposto al governo pochi ma essenziali emendamenti al Cura Italia per dare le prime risposte concrete ai cittadini. Poi serve un vero piano di ricostruzione per il Paese, sul modello di quello usato per la riedificazione del ponte di Genova, quindi veloce e non impastoiato dalla burocrazia. Se non si cambia passo, rapidamente e radicalmente, una vera e propria bomba sociale ci aspetta dietro l’angolo.