Prima che l’emergenza coronavirus assorbisse, giustamente, tutte le attenzioni, soprattutto dalla Cgil e da alcuni storici leader del centrosinistra, su tutti Romano Prodi, si è rilanciata l’idea di arrivare ad un sindacato unitario, riportando, di fatto, le lancette dell’orologio indietro di settant’anni, alla primavera del 1950, quando l’inconciliabilità delle posizioni rese impossibile la convivenza. Del resto, l’ancora oggi inattuato articolo 39 della Costituzione sancisce il pluralismo sindacale, imponendo come unico obbligo quello di iscrizione in appositi albi, mai realizzati. Ciò che Maurizio Landini non ha mai esplicitato fino in fondo è se la sua idea di sindacato è la stessa dei suoi colleghi della Cgil di settant’anni fa, vale a dire un movimento sindacale guidato nella forma e nella sostanza dalla sua componente, o se è diversa, anche se l’insistenza per una legge sulla rappresentanza non depone a favore di questa seconda tesi.