Il comma 2, relativo alla sanità, ha fatto sollevare dei dubbi interpretativi

Da ieri notte, da quando è stato finalmente pubblicato in gazzetta ufficiale il decretone contenente le norme a sostegno delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese nel tentativo di ridurre per quanto possibile l’impatto dell’emergenza connessa al Covid-19, uno degli argomenti più dibattuti è sicuramente quello che prevede l’estensione della durata dei permessi retribuiti ai sensi dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Si tratta dei permessi di legge riconosciuti in caso di assistenza di persona, parente o affine entro il secondo grado (terzo grado in presenza di determinate condizioni), ai lavoratori dipendenti pubblici o privati. Di norma, il permesso è di tre giorni al mese; l’articolo 24 del decreto legge 18/2020, al comma 1, dispone che per questo mese e nel prossimo mese di aprile detto permesso è incrementato di ulteriori dodici giornate complessive. Un dubbio interpretativo nasce dalla lettura del comma 2, nel quale si specifica che il beneficio è riconosciuto al personale sanitario compatibilmente con le esigenze organizzative derivanti dall’emergenza Covid-19. In attesa di un chiarimento dell’Inps, la chiave di lettura è la seguente: il beneficio vale per tutti i settori, con le limitazioni per la sanità; per la fruizione si deve seguire il normale iter, compreso il raccordo con l’azienda, laddove si tratta di servizi pubblici essenziali o sono presenti regolamenti di utilizzo.