Un “regalo” del Coronavirus? La fine dell’austerity. Le macerie erano già davanti a noi, ma ora ancora di più la follia dei tagli indiscriminati allo Stato si sta rivelando per ciò che è: un tragico errore

Bisognava davvero finire nel mezzo di una crisi sanitaria senza precedenti per immaginare, soltanto immaginare per adesso, di mettere in discussione tutto l’impianto dell’austerity con cui qualche paese virtuoso, suffragato dalle teorie di economisti con scarsa o assente attenzione sociale, ha deciso di costruire l’Unione europea? Le macerie in realtà erano già davanti a noi e il coronavirus non ha fatto altro che disvelarle con la sua atrocità: a forza di tagliare pezzi importanti di Stato in nome del principio (sbagliato) del pareggio di bilancio, partendo ovviamente della Sanità fino ad arrivare alle forze dell’ordine, gli Stati europei (e non), ognuno con le proprie specificità, si sono ritrovati a fronteggiare l’emergenza, in colpevole ritardo, con armi spuntate, insufficienti a combattere un virus che, con adeguate strutture e personale sanitario, con un controllo più capillare del territorio, dei trasporti e delle frontiere, con un maggiore e vero coordinamento (per non parlare di solidarietà) tra Stati, si sarebbe potuta gestire diversamente, evitando soprattutto di lasciare sul terreno così tante vittime, famiglie spezzate, individui lasciati soli in casa a morire. L’Italia sta pensando di far esercitare la professione medica senza esame abilitante per sopperire alla mancanza di personale. A pochi giorni della “dichiarazione di guerra” di Emmanuel Macron al coronavirus anche in Francia i cittadini si sono messi ad applaudire il sacrificio di medici e infermieri travolti dall’ondata di contagiati e dal collasso delle strutture. In Spagna si è pensato di requisire il sistema sanitario privato per aumentare i posti letto. La Germania, persino, ha deciso di far rientrare i medici in pensione. La Grecia per soli 190 casi ha deciso di chiudere tutto, avendo un sistema sanitario colabrodo grazie appunto all’austerity. È questo il momento di una totale inversione di tendenza. Lo avranno capito in Europa? Sembrerebbe di sì ma il condizionale è d’obbligo: si sta pensando ad una modifica del Patto di Stabilità, si mostra però molta timidezza sull’eventualità di un “coronabond” o di un fondo per rilanciare l’economia dopo che lo «tsunami economico e sociale» sarà passato, ma non si accenna ad archiviare la riforma del Mes, il Meccanismo di stabilità economica, così come la flessibilità che è stata concessa all’Italia non è un regalo ma una facoltà già prevista dai Trattati dell’Unione per i casi di emergenza. Non basta tutto ciò che è stato già fatto, lo sa anche la Ue che attende gli ulteriori sviluppi, come non basta il decreto Cura Italia. Appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ha già bisogno di essere modificato in Parlamento. Bisogna cambiare presto, prima che sia troppo tardi, prima che il gioco, l’Ue, sia finito.