«Siamo in guerra». Il presidente francese Emmanuel Macron lo ha ripetuto più volte durante il suo discorso alla nazione di ieri sera. Il tono rende bene l’idea di come l’Europa sia adesso più consapevole del pericolo causato dalla diffusione del nuovo coronavirus, seppure in ritardo rispetto all’Italia. Persino il primo ministro britannico, Boris Johnson, ha compiuto un passo indietro rispetto alla linea adottata alcuni giorni fa e ora invita i cittadini ad evitare i contatti non essenziali e a lavorare, quando possibile, da casa. Ma la misura restrittiva più importante è sicuramente quella dell’UE, che dalle 12 di oggi chiude le sue frontiere esterne per 30 giorni (la proposta era stata formalizzata sempre nella giornata di ieri dalla presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen e non riguarda i cittadini UE, il personale di ricerca e sanitario impegnato nel limitare la diffusione del coronavirus e i trasportatori di merci). In Francia l’annuncio di Macron sugli spostamenti fortemente ridotti nel paese per almeno 15 giorni ha provocato nella mattinata di oggi una fuga da Parigi, principalmente persone intenzionate a lasciare la capitale francese per raggiungere la regione d’origine.  Intanto in Spagna i contagi accertati da coronavirus sono aumentati ancora, arrivando a quota 11 mila, con un incremento di duemila casi in un giorno. In Germania se ne contano poco più di seimila, ma si teme possano in verità essere di più.