Tutto viene lasciato alla valutazione delle specifiche condizioni di lavoro

Al di là delle dichiarazioni di circostanza, quello che sembra emergere dalla lettura del protocollo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro definito su iniziativa del presidente del consiglio, Giuseppe Conte, e i titolari dei ministeri dell’economia, del lavoro, della salute e dello sviluppo economico, Gualtieri, Catalfo, Speranza e Patuanelli, è la difficoltà a mettere d’accordo che le varie anime del mondo del lavoro. A conti fatti, il protocollo aggiunge poco a quanto già definito nei giorni scorsi con i vari decreti del presidente del consiglio e con le linee guida adottate su impulso del ministero della salute o direttamente nelle aziende. Il protocollo rimanda la decisione di proseguire l’attività ai singoli casi. Escludendo chiaramente i servizi essenziali, è il datore di lavoro, sentita la rappresentanza sindacale aziendale, a valutare l’esistenza o meno di adeguati livelli di protezione, la prima della quale è la distanza interpersonale di un metro fra un addetto e l’altro. In assenza di questi adeguati livelli e nell’impossibilità di ricorrere a dispositivi di protezione individuale e al lavoro agile, intervengono gli ammortizzatori sociali. Su quest’ultimo punto, il governo intende proseguire nel solco di quanto già tracciato con il precedente provvedimento urgente per la zona rossa e per la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna con la concessione di nove settimane di stop.