Non solo gli effetti del Covid-19; sono almeno 60mila l’anno le domande

È magari presto per pensarci, considerando che siamo in piena bufera, però, di certo, il governo e le parti sociali dovranno affrontare con l’Inail l’impatto del coronavirus sulle malattie professionali e sulle stesse assenze per malattie. Il decreto legge 9/2020, in questo senso, equipara i periodi di ricovero, di quarantena con sorveglianza attiva e di permanenza domiciliare fiduciaria per quanto riguarda i dipendenti pubblici. L’equiparazione si rende necessaria per evitare che al danno si aggiunga anche una beffa: nel caso del pubblico impiego, infatti, i primi dieci giorni di assenza non vengono retribuiti, una norma nata con la presunzione di ridurre il fenomeno dell’assenteismo, ma che oggi, alla luce di quanto sta succedendo, è a dir poco assurda. La disposizione però non supera assolutamente tutte le problematiche che stanno emergendo, a partire dalle centinaia di operatori sanitari, fra medici, infermieri e personale paramedico, e della sicurezza pubblica infettati, per finire al lavoro privato, duramente provato dalle norme che limitano la libertà di circolazione, oltre che naturalmente dall’impatto della malattia. Già oggi le denunce per malattia professionale si sono stabilizzate intorno alle 60mila annue, con un incremento in dieci anni di quasi il 100%; nel pubblico impiego, l’aumento è stato di circa il 74% con una media compresa fra le 700 e le 800 unità annue.