di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

 
Potrebbe bastare il tweet di oggi dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Joseph Borrell, con cui ha espresso «solidarietà» all’Italia? Certo che no. Sappiamo che a partire dalle 17.00 di oggi i leader dei 27 Paesi dell’Ue si riuniranno in videoconferenza per coordinare le misure da dare in risposta all’emergenza coronavirus e che da noi è atteso un nuovo Consiglio dei ministri per aggiornare la Relazione al Parlamento sulla richiesta di scostamento dagli obiettivi di deficit 2020. Una situazione, quindi, che richiede decisionismo e capacità di imporsi anche di fronte all’Ue la quale, ancora una volta, sta dimostrando di non comprendere la realtà. Ritengo condivisbile che, tra le importanti richieste espresse anche oggi dai partiti del centro destra, oggi ricevuti dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, vi sia quella di istituire un super coordinamento o un super commissario, che dir si voglia, anche se politicamente le parole hanno un peso preciso, “modello Bertolaso” con poteri di ordinanza così come fu dopo il terremoto de L’Aquila.
Serve altro e molto di più di quello che ieri la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha lasciato molto vagamente intendere ovvero di poter considerare la flessibilità al patto di stabilità e crescita. Il rinvio della decisione all’Ecofin della prossima settimana che, peraltro, dovrebbe approvare la riforma del Mes, non è un segnale che lascia ben sperare. Si vuole ancora a tutti i costi approvare una riforma ad un Meccanismo di stabilità economia dell’Ue, da noi – e non solo – già fortemente criticato perché rischia di mettere in ginocchio intere nazioni, redatto in una congiuntura completamente diversa da quella che stiamo vivendo e da quelle, del tutto imprevedibili e non positive, che ci attendono. Il governo italiano, da parte sua, si è dichiarato deciso a chiedere una “flessibilità” maggiore di quella fino ad ora concessa. Giusto, ma non basta.
Ho il sospetto che non si stia comprendendo o si stia facendo finta di non comprendere qualcosa che anche un bambino sarebbe in grado di vedere: in emergenza non è soltanto una zona o delle zone circoscritte ma una nazione intera. Qualcosa che non è mai accaduto e di cui siamo fortemente preoccupati in particolare per tutti, e soprattutto ex lavoratrici e lavoratori presenti e futuri, per quelli impegnati in prima linea a fronteggiare l’emergenza coronavirus, dai medici agli operatori sanitari, ai membri di tutte le forze dell’ordine. Siamo preoccupati allo stesso modo per le imprese. Non basta ottenere o concedere flessibilità rispetto ad un sistema di regole già sbagliato in tempi meno difficili di quello che non solo l’Italia ma tutto il mondo Occidentale – e non solo – sta vivendo e sta per vivere. Servono regole completamente nuove.