di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Se qualcosa di positivo esiste nell’emergenza Coronavirus, va cercato nella Sanità in particolare pubblica, sebbene anche quella Privata sia parte integrante del sistema, e nella dimostrazione, fornita dai fatti, della sua centralità all’interno di un sistema economico e sociale che voglia definirsi civile e avanzato.
Ora più che mai si sta comprendendo quanto siano pericolosi i tagli e i risparmi inferti al Servizio sanitario nazionale non solo per il Settore in sé ma per l’intera comunità, parte della quale, quella cioè in maggiore difficoltà economica, rinuncia persino a curarsi. Lo affermo con forza e convinzione pensando, soprattutto, ai tanti “Torquemada dei conti pubblici”. Come ad esempio Carlo Cottarelli il quale, di fronte all’evidenza di una recessione ormai alle porte e di un probabile crack del nostro sistema economico, continua a sostenere che ricorrere al deficit non basterà e che resteranno ineludibili le famigerate riforme, attese dai soliti mercati, mirate a ridurre il nostro mostruoso debito pubblico. Riforme quasi sempre fatte di lacrime e sangue, perché portano alla riduzione di servizi e welfare erogati dallo Stato.
Tuttavia, “grazie” al Coronavirus, stanno emergendo gli errori compiuti negli ultimi 10 anni e fotografati dal 4° Rapporto Gimbe sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale: dal 2010 al 2019 «sono stati sottratti al SSN circa 37 miliardi» di euro, 25 miliardi nel periodo 2010-2015 determinati dalla sommatoria delle manovre finanziare e 12,11 nel 2015-2019 «per la continua rideterminazione al ribasso dei livelli programmati di finanziamento». Così, secondo il rapporto, l’Italia ha fatto precipitare «il finanziamento pubblico per la sanità ai livelli dei paesi dell’Europa orientale». Gli sforzi pur fatti dal penultimo Governo si riducono così alla classica goccia nel mare. Allora non meravigliamoci quando le cronache riferiscono di reparti di medicina riconvertiti in pneumologia, dell’incremento di letti in rianimazione e in terapia intensiva per curare i casi gravi da Coronavirus, dello spostamento di malati oncologici per fare spazio a quelli da Covid-19, dei posti in terapia intensiva arrivati ormai alla saturazione (90%) e di spese aggiuntive che si renderanno indispensabili sia in termini di nuovi mezzi sia di “risorse umane”. A queste ultime, in particolare, va il mio pensiero di sindacalista e di cittadino, perché esse già nell’ordinario sarebbero costrette a operare in un continuo stato di emergenza, ma che adesso con il Coronavirus si ritroveranno ad essere né più né meno in trincea, in prima linea. È di questo che l’Italia ha bisogno per essere considerata un paese civile e credibile, più delle famigerate riforme attese dai fantomatici mercati.