Divario di genere su occupazione e redditi

Il divario di genere nel mondo del lavoro è doppio, occupazionale e salariale, e, seppure si sta riducendo, resta enorme e difficile da colmare anche nel lungo periodo. L’Italia presenta infatti un forte differenziale in termini di tasso di occupazione fra uomini e donne che, però, rappresenta soltanto il primo tassello, in quanto accanto al differenziale occupazionale se ne evidenzia un secondo dato dalla differenza di reddito. Proprio in questi giorni, l’Istat ha smentito per l’ennesima volta una vecchia ricerca di Eurostat, in base alla quale il differenziale fra uomini e donne sul versante del reddito sarebbe di circa 5 punti percentuali. Nella realtà, nonostante un timido miglioramento, la differenza resta abissale: il reddito medio della componente maschile è di poco inferiore a 20.500 euro, mentre quello della componente femminile si ferma al di sotto di 15.400 euro, vale a dire oltre 5mila in meno. In termini percentuali, parliamo di una differenza del 25%; nel 2008, era del 28%, per cui se si mantenesse questa progressione, per cancellare questo gap servirebbero almeno ottant’anni, naturalmente salvo complicazioni in corso d’opera. A parziale consolazione, il gap scende al 24% nel lavoro dipendente, ma sale al 30% nel lavoro autonomo.

La conciliazione inesistente

Il governo ha anticipato nei giorni scorsi la volontà di intervenire sul versante della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, per favorire l’occupazione femminile. Al momento, però, tutto è fermo, causa coronavirus. Di certo, si tratta di un tema di fondamentale importante, considerando che una donna su cinque nel Mezzogiorno non ha mai lavorato per prendersi cura dei figli. La media nazionale, pur migliore, è comunque sempre più alta di quella europea che si attesta al 3,7%. La difficoltà di conciliare lavoro e cura dei figli investe soprattutto le donne fra 25 e 49 anni, con figli piccoli.