Italia ultima in Europa in termini di Pil, ma prima per dividendi in Borsa. È quanto emerge dal Janus Henderson Global Dividend Index

Pochi giorni dopo la diffusione dei dati della Commissione Ue sull’andamento del Pil nei paesi membri, che ha confermato e quindi inchiodato l’Italia all’ultimo posto in classifica, siamo venuti a sapere dal Janus Henderson Global Dividend Index che sempre l’Italia è lo Stato europeo che, insieme all’Olanda, si è aggiudicata il primo – sì, il primo! – posto in una classifica molto speciale. La classifica in questione è quella sui dividendi globali erogati dalle società quotate in Borsa che a livello mondiale hanno toccato un nuovo record, attestandosi nel 2019 a quota 1.430 miliardi di dollari. Il rialzo è stato del 3,5% (+5,4% considerando gli aggiustamenti dovuti alle oscillazioni valutarie). Il boom di dividendi registrato in Europa ha interessato soprattutto Italia e Olanda con una crescita del 6% e una crescita sottostante dell’8. Sarà che l’Italia è terra di “capitani coraggiosi”, quelli, per intenderci, capaci di investire in aziende strategiche in difficoltà e guidarle portandole verso un inesorabile declino, distruggendo decine di migliaia di posti di lavoro, e dunque ci sta che la loro versione 4.0 somigli sempre meno vagamente a Gordon Gekko. Quest’ultimo è il protagonista di un film del 1987 che ha segnato un’epoca, ispirando intere generazioni di giovani rampanti, intitolato “Wall Street”, che nel suo seguito del 2010 è sottotitolato emblematicamente “Il denaro non dorme mai”. In Italia i dividendi distribuiti sono stati pari a ben 16 mld di dollari contro i 15,3 del 2018. Non poco per un paese che ha ingranato la retromarcia perché non riesce a superare i livelli precrisi, che non cresce adeguatamente, che “vanta” milioni di disoccupati. Dunque la ricchezza c’è, ma è maldistribuita e soprattutto è una ricchezza che si fa solo con i soldi e quindi non genera prodotti, stabilimenti industriali o uffici o servizi e di conseguenza posti di lavoro. D’altronde da tempo la realtà ci invia segnali in tal senso, l’ultimo è la futura alleanza tra Intesa San Paolo e Ubi Banca, con quest’ultima che prevede un utile di almeno 665 milioni di euro nel 2022 e la destinazione ai soci del 40% dei profitti e allo stesso tempo 2000 esuberi, che saranno anche volontari e nelle intenzioni compensati da un turnover parziale ma intanto così è.