di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Negli scorsi giorni a Roma è accaduto qualcosa di disdicevole. All’università La Sapienza era in programma l’inaugurazione dell’anno accademico alla presenza del Capo dello Stato Mattarella, del sindaco Raggi, del presidente della Regione Lazio Zingaretti e della senatrice a vita Liliana Segre. A parlare all’evento, in rappresentanza di tutti gli studenti, era stato scelto dal Rettore sulla base delle norme che regolano il funzionamento dell’ateneo stesso, Valerio Cerracchio, studente di ingegneria ed esponente della lista universitaria più votata nelle elezioni per i rappresentanti studenteschi. Fin qui tutto regolare. E invece no. Dato che Valerio è di destra, secondo alcuni non aveva il diritto di parlare. A protestare i soliti “collettivi”. E così il ragazzo è diventato oggetto di ostilità, dal vivo e sui social. All’università il clima si è fatto teso, comprese pressioni nei confronti del Rettore affinché stravolgesse la scaletta degli interventi e depennasse Cerracchio. L’ateneo è stato “blindato”, l’area dell’inaugurazione è stata transennata, c’è stato bisogno dell’intervento di polizia e carabinieri per garantire lo svolgimento pacifico dell’evento. Ieri, alla fine, l’inaugurazione si è tenuta e Cerracchio ha parlato – tra l’altro dimostrando, lui, maturità e senso delle istituzioni, con un discorso super partes – e Liliana Segre, alla quale nell’occasione è stata conferita una laurea honoris causa, con un bel gesto, ha voluto rasserenare gli animi abbracciando il giovane. Del resto chi meglio di lei, ideatrice della commissione contro l’odio? Perché quello che è avvenuto non è stato altro che un episodio di odio politico. Non è la prima volta che avvengono fatti come questo. È in atto da moltissimi anni un atteggiamento violento nei confronti della destra nelle università e nelle scuole, dove ai giovani si impedisce di esprimersi in libertà se le loro idee non vanno a genio alla sinistra. A compiere gli atti intimidatori sono giovani estremisti di sinistra, ma parte della responsabilità va data anche alla mancanza di una presa di posizione netta di condanna di questi comportamenti nel mondo accademico, giornalistico, politico. È ora di fare qualcosa, se veramente s’intende combattere l’odio politico. In questi stessi giorni ha suscitato dibattito l’articolo di Walter Veltroni in ricordo di Sergio Ramelli, studente ucciso perché di destra nel 1975. Quell’atto efferato è stato conseguenza di un clima di violenta contrapposizione, ma anche di una cultura dominante che aveva come obiettivo dichiarato quello dell’annientamento della destra politica. Se la stagione gli anni di piombo è finita da tempo, quell’obiettivo non è stato mai rinnegato ed è continuato ad esistere, cambiando bersaglio, ieri era il Msi, oggi i partiti di destra attuali. E questo odio, ancora presente, va sradicato per permettere finalmente un confronto pieno, inclusivo e rispettoso, fra tutte le componenti della nostra società.