di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

L’agenda per il rilancio, il patto per lo sviluppo e poi i tavoli. Sulle pensioni, sull’occupazione, sul fisco, solo per citarne alcuni. I temi sono importanti e il governo, quanto ad apertura di tavoli, non lascia a desiderare. I problemi, però, iniziano a sorgere al momento di giungere a delle conclusioni. Sì perché i tavoli, una volta aperti, non si chiudono mai, in una perenne procrastinazione delle decisioni, in un infinito “tiriamo a campare” pur di non mollare la poltrona, leitmotiv che resta l’unica cifra di questo esecutivo. Assieme all’antisalvinismo, che ora, con la decisione sul processo, è arrivato al punto di essere una vera e propria persecuzione personale. Dato che su quasi ogni argomento le posizioni dei partiti della maggioranza sono pressoché opposte, con agli estremi M5s e Iv e Zingaretti nel ruolo di mesto mediatore, Conte, come Penelope, tesse e disfa la tela, perde tempo, apre tavoli infiniti, il tutto per impedire il più a lungo possibile ai Proci di prendere finalmente il loro posto. Stavolta però i Proci non sono gli usurpatori dell’Odissea, ma gli elettori, che avrebbero quindi pieno diritto e titolo a esprimersi se si avesse il coraggio di metter fine a questa lenta agonia che è l’esecutivo “giallorosso”. Ora, ad esempio, non è affatto chiaro cosa intenda fare il governo dopo quota 100 e più in generale sul fronte pensioni; allo stesso modo l’intera “agenda 2023” lascia adito a più di una perplessità: come coniugare le posizioni di chi vuole smantellare il Jobs Act con quelle del partito che l’ha ideato? Italia Viva, poi, punta di rimando a una revisione del Decreto Dignità, legge fortemente voluta dai pentastellati e pensata proprio come a un anti Jobs Act. Stessa cosa sul salario minimo, battaglia grillina non condivisa dai renziani e da parte del Pd. Sulle tasse e l’annunciata riforma fiscale le idee sono piuttosto confuse, si era parlato negli scorsi giorni di un aumento dell’Iva per alberghi e ristoranti, con una successiva smentita a seguito delle proteste del settore, e ora la riforma dell’Irpef dovrebbe partire da proposte diversissime, da un quoziente familiare alla francese come vorrebbe il M5s a un sistema alla tedesca preferito dalla sinistra, fino a una drastica semplificazione e uniformazione, di aliquote e sistema di detrazioni, come invece suggerirebbero i renziani. Per non parlare di Autostrade, Ilva, crisi del settore aereo, questione migratoria. Manca una visione di Italia, un progetto comune e questo destabilizza anche gli interlocutori, interni ed esteri. Le divisioni sono profonde e il nodo prescrizione – i ministri in quota Iv potrebbero disertare la riunione di governo di stasera – è solo uno fra i molti e importanti elementi divisivi. Nonostante il suo fare e disfare, la trama di Conte – Penelope potrebbe quindi strapparsi a breve.