Neanche il coronavirus riesce a debellare la fisima del politicamente corretto e del globalismo a tutti i costi

Tutto il mondo si sta confrontando con l’epidemia di coronavirus, cercando soluzioni efficaci per impedire la diffusione del morbo che, solo stando alle notizie fornite dal regime, in Cina già ha mietuto più di 900 vittime. Qui da noi, invece, la politica, persino su un tema così vitale – sul quale non bisogna cedere al panico, ma neanche da sottovalutare – ripropone le solite litanie buoniste. Nonostante l’emergenza si ripetono casi come la fake news sull’aggressione mai avvenuta contro alcuni studenti cinesi, la visita di Mattarella ad una scuola multietnica di Roma, l’inutile polemica verso una procedura sensata come la quarantena per gli studenti – di qualsiasi nazionalità – di ritorno dalla Cina prima di reinserirli nelle classi, tacciata assurdamente di razzismo perché richiesta dai governatori di regione della Lega. Insomma, si vorrebbe riprodurre anche sul coronavirus il solito schema dei buoni contro i cattivi, mentre, data la pericolosità della malattia, altamente contagiosa, servirebbe solo prudenza e serietà. Nessuno vuole discriminare i cinesi, ma è necessario proteggersi dal morbo. Ora nel governo si riparla della possibilità di ripristinare i voli da e per la Cina, dopo le proteste di Pechino, e addirittura, proprio durante un’emergenza mondiale a causa della quale tutti gli Stati hanno innalzato i controlli alle frontiere, si discute di rivedere i decreti sicurezza, non considerando il fatto che il virus ha già superato i confini della Cina e, come afferma anche l’Oms, il contagio ormai riguarda anche chi non è stato recentemente nel paese asiatico. Serve sicurezza, rigore, controllo alle frontiere, non buonismo. Sempre e adesso in modo particolare. Mettere a repentaglio la salute pubblica per il solito atteggiamento lassista, che mette in pericolo le popolazioni per tutelare le ragioni dell’economia e della globalizzazione è sempre sbagliato, ma ora particolarmente inopportuno.