di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il 10 febbraio è la data in cui si commemorano le vittime della pulizia etnica anti italiana operata dal regime comunista iugoslavo del maresciallo Tito, che, durante e dopo la II guerra mondiale, volle eliminare la presenza dei nostri connazionali, radicata da secoli nelle terre dell’Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia, attraverso una sistematica persecuzione che costò almeno diecimila vittime e circa 350mila profughi, emigrati tra il 1945 e il 1956. In quell’epoca dominata dallo scontro ideologico e dal risentimento post-bellico, alla tragedia si sommò un’altra tragedia, ovvero il fatto che persino nella madrepatria non ci fu una solidarietà unanime nei confronti delle vittime e degli esuli italiani. Tutt’altro: molti, per ragioni ideologiche, negarono gli avvenimenti, li mistificarono, rifiutarono l’accoglienza ai profughi e tentarono per decenni di insabbiare quanto avvenuto. Solo dopo molti anni dai fatti, dopo la caduta del comunismo in Jugoslavia e in tutto l’est europeo, cambiato il contesto politico, si riuscì, lentamente, a ristabilire la verità dei fatti, ad omaggiare, come doveroso, i caduti e a ricordare il dramma degli esuli. Grazie alla tenacia dei discendenti che conservarono il ricordo dei fatti e di una parte del mondo politico che si adoperò affinché fosse ristabilita la verità, finché nel 2004 si istituì finalmente questa data e si iniziò a parlare pubblicamente delle foibe e del dramma dell’esodo giuliano-dalmata. Ci si aspetterebbero quindi e finalmente, nella giornata di oggi, commemorazioni unanimemente sentite e partecipate in ogni consesso pubblico di rilievo. Invece a sedici anni dall’istituzione di questa giornata, la data del 10 febbraio è ancora oggetto di polemiche e odiosi negazionismi. Se molti la commemorano sentitamente, altri ancora operano distinguo e minimizzazioni, al punto che lo stesso Presidente della Repubblica Mattarella ha sentito il dovere di intervenire per ribadire il fatto che la storia non può e non deve essere di nuovo negata e modellata a seconda delle proprie convinzioni ma che “il triste capitolo delle Foibe e dell’esodo è uscito dal cono d’ombra ed è entrato a far parte della storia nazionale, accettata e condivisa”. Il paradosso di alcuni eredi del comunismo – fortunatamente non di tutti – consiste nel fatto di aver rinnegato completamente la propria ideologia, convertendosi al liberismo più sfrenato, alla difesa dello status quo della finanza, delle multinazionali e della globalizzazione, ma nel non riuscire ancora a guardare con obiettività ai crimini commessi dai regimi socialisti. Insomma hanno buttato via il bambino e si sono tenuti stretti l’acqua sporca, per giunta straparlando di “politica dell’odio”. Nonostante questo, grazie alla tenacia di chi non ha mai mollato e anche con il coraggio di chi ha saputo ammettere gli errori del passato, sempre più italiani conoscono la verità, che ormai non potrà più essere negata.