M5s: gli attivisti campani dicono «no» all’ alleanza con il Pd, così per il 90% dei presenti, «con o senza De Luca candidato»

Mentre Matteo Renzi tuonava dall’Assemblea di Italia Viva a Cinecittà, Roma, contro il M5s e il ministro della Giustizia Alfonso Bonfede, – «in Parlamento Italia Viva voterà contro la follia che avete fatto sulla prescrizione e senza di noi non avete i numeri in Senato e forse neanche alla Camera» -, il presidente della Camera, Roberto Fico, aveva deciso di dismettere i suoi “panni” istituzionali per recarsi all’Hotel Ramada di Napoli dove erano riuniti gli attivisti del Movimento 5 Stelle della Campania e ascoltarli con diligente attenzione, come fosse uno di loro. Si fa per dire, ormai. Fico, fondatore del Meet Up di Napoli nell’ormai lontano luglio 2005, è andato più che ad ascoltare, forse, a condizionare. Però il verdetto degli attivisti campani è stato forte e chiaro: 90% di no ad alleanze con il Pd, «con e senza Vincenzo De Luca candidato». Riferiva ieri il Fatto Quotidiano che «le parole dei pochissimi disponibili a sedersi ad un tavolo con il Pd sono state coperte da fischi di dissenso». Tanti, troppi, per un Movimento che ha fatto della democrazia diretta uno dei suoi vessilli, i sospetti che aleggiavano tra gli attivisti campani: eventuali “accordi romani” di alleanza tra M5s e Pd; il sospetto, lì negato, di un appoggio dello stesso Roberto Fico al candidato Pd, Sandro Ruotolo; sospetti persino sulla Piattaforma Rousseau. La platea ha trovato in Roberto Fico più che un attivista dei tempi migliori una sfinge: «Ho ascoltato le opinioni, poi i facilitatori regionali porteranno a Vito Crimi queste opinioni e si deciderà». Scriverà poi su Facebook: «La domanda che ci poniamo oggi, nelle regioni in cui ci candidiamo, segue il solco già tracciato al livello nazionale. Ma, senza ridurre la questione a un referendum sì/no, possiamo anche chiederci se sia possibile lanciare una proposta nel campo di altre forze politiche: mettiamo dei paletti, pretendiamo liste pulite, ragioniamo su un candidato di alto livello». Se è vero, come sostiene oggi Davide Casaleggio, che «con Rousseau abbiamo innovato, abbiamo permesso agli iscritti M5S di scegliere i propri rappresentanti» e che «oggi abbiamo il diritto di scegliere i nostri rappresentanti, cosa che, incredibilmente, nella democrazia rappresentativa non esisteva», prima che la base del M5s e il Pd potranno avvicinarsi ci vorrà del tempo. Con buona pace dei vari Dario Franceschini, Beppe Sala e Nicola Zingaretti.