La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha condannato l’Italia per i ritardi dei pagamento della Pubblica amministrazioni. Secondo l’istituzione, infatti, il nostro Paese non ha garantito i pagamenti delle prestazioni dei privati entro un limite di tempo non superiore ai 30 o ai 60 giorni venendo quindi meno agli obblighi comunitari, come stabilito dalla direttiva per la lotta ai ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali tra pubblica amministrazione e imprese private risalente al 2011. Come si legge anche sul Ministero delle Finanze, «tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute a pagare le proprie fatture entro 30 giorni dalla data del loro ricevimento, ad eccezione degli enti del servizio sanitario nazionale, per i quali il termine massimo di pagamento è fissato in 60 giorni». «Il rispetto di queste scadenze – si legge ancora – è un fattore di cruciale importanza per il buon funzionamento dell’economia nazionale». Stando agli ultimi dati del MEF, aggiornati al 21 dicembre del 2018 e contenuti nel cruscotto di monitoraggio, sono stati effettuati i pagamenti relativi a 19 milioni di fatture, per un importo di 115,9 miliardi di euro, che corrisponde all’83% del importo totale (le fatture pervenute erano 27,5 milioni per un totale di 155,9 miliardi di euro. I tempi medi di pagamento risultano essere pari a 55 giorni, mentre i tempi medi ponderati di ritardo si sono attestati su valori pari a sette giorni. Secondo l’Ance (tanto per citare un esempio) solo nel settore delle costruzioni i ritardi superano ancora i quattro mesi e mezzo, per un totale di sei miliardi di arretrati a danno delle imprese.