di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il problema dei ricchi è che hanno i soldi e che sono molto più organizzati di chi straricco non è, neanche lontanamente. È stato proprio ieri, alla vigilia del World Economic Forum, certificato che l’1% della popolazione mondiale detiene più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone. È un fatto intollerabile che dovrebbe non semplicemente indignare, ma smuovere le coscienze di coloro, quanto meno, che hanno in mano le leve dei governi e/o che siedono nei parlamenti del mondo occidentale, d’Europa, al fine di migliorare non solo la vita di chi è in stato di povertà assoluta o relativa, ma anche di quel cosiddetto ceto medio che, riforma iniqua dopo riforma iniqua, sta rischiando l’estinzione e un pericoloso depauperamento che mette a rischio la tenuta sociale di una nazione. Sarà un caso se la scarsa crescita del nostro Paese, e non solo del nostro, sta andando di pari passo con l’assottigliamento e l’impoverimento della cosiddetta classe media? Di anno in anno si impoveriscono i popoli e gli Stati, che hanno sempre meno risorse per fare fronte ai tanti servizi da erogare, a partire dalla Scuola fino ad arrivare alla Sanità, si moltiplicano le proteste (basti vedere ciò che accade in Francia), ma i cosiddetti ricchi continuano a diventare essere sempre più ricchi e contemporaneamente aumenta il numero delle persone povere o a rischio povertà.
La situazione in Italia non è meno allarmante di quella del resto del mondo: l’1% degli italiani possiede più di quanto detenuto dal 70% della popolazione e un terzo dei figli di genitori meno abbienti è destinato a rimanere fermo al gradino più basso della scala socio-economica. A chi può giovare un Paese, un sistema, simile? Sicuramente a coloro che ambiscono ad essere o che fanno già parte della famosa élite. E qualcuno dovrebbe essere seduto in qualche scranno del Parlamento e nel Governo, visto che in Italia invece di condividere con tutti gli attori sociali e economici politiche realmente espansive – e non timidi tagli del cuneo fiscale – , si sta ragionando incessantemente su come modificare Quota100, in sostanza per tornare alla famigerata Legge Fornero tanto cara all’Ue. Qualcuno non tollera che una platea di persone, peraltro non indiscriminata, sia riuscita ad andare in pensione prima del tempo, avendo però i requisiti adatti per farlo e pur avendo su di sé il carico economico e familiare delle nuove generazioni, dei figli e dei nipoti. Il cosiddetto welfare familiare che supplisce alle lacune dello Stato sociale.
Se veramente la preoccupazione di chi è al Governo è sostenere la classe media, allora è urgente iniziare ad adottare politiche redistributive ed espansive in grado di rafforzare i salari e rilanciare l’occupazione. Ma occorrono maggiori investimenti sia per creare nuovi posti di lavoro sia favorire la ripresa economica. Il taglio del cuneo fiscale? Può andare bene purché sia poderoso e cioè tale da incidere in modo consistente sulla busta paga dei lavoratori e così far ripartire i consumi. Non servono misure “spot” che poi si rivelano insufficienti. Ciò che serve è coraggio e organizzazione, molta più di quella che dimostrano di avere da 50 anni a questa parte i “paperoni” riuniti a Davos.