di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

In questi giorni, sulla scia dell’uscita del nuovo film che ne prova a tracciare un ritratto, in molti si sono ritrovati a ricordare la figura di Bettino Craxi e più in generale a riflettere sul brusco passaggio politico-giudiziario che determinò la fine della cosiddetta Prima Repubblica e la nascita della Seconda. Sempre in questi giorni abbiamo assistito a una prova particolarmente deludente del governo italiano e in generale della nostra classe dirigente sulle delicatissime vicende internazionali riguardanti la Libia, con l’incontro a Roma tra Conte e Haftar, disertato, invece, da Serraj, tecnicamente ancora interlocutore principale dell’Italia, e l’Iraq, con le tensioni Usa-Iran culminate con l’uccisione del generale Suleimani. I due argomenti, apparentemente distanti, sono invece strettamente collegati. Tutti, specie i meno giovani, ricordano il clima da resa dei conti che serpeggiava nel Paese all’epoca di mani pulite. I cittadini comuni, i sostenitori (come noi) delle forze di opposizione, tutti coloro che volevano un ricambio politico speravano che le inchieste della magistratura potessero finalmente mettere ordine in un sistema, quello del “pentapartito” che aveva ceduto troppo alla corruzione e al clientelismo ai danni del benessere generale. Quello che in molti non immaginavano, però, è che il risultato finale di quell’epoca di giustizialismo non fu un ridimensionamento del, pur grave, problema della corruzione nel mondo politico, e gli scandali degli anni seguenti, andati avanti fino al giorno d’oggi, lo dimostrano, ma fu un altro e tutt’altro che positivo per il Paese. Ossia l’affermazione di una nuova classe dirigente che, pur con lodevoli eccezioni, si è dimostrata molto meno capace rispetto alla precedente di difendere gli interessi italiani nello scenario internazionale e nel confronto con le altre medie e grandi potenze. Certo, non dobbiamo cedere all’agiografia: già ai tempi della Prima Repubblica l’Italia doveva destreggiarsi con estrema difficoltà in un contesto complesso come quello della guerra fredda, e non sempre ci è riuscita: molte vicende oscure, alcune particolarmente tragiche, lo testimoniano. Comunque, e a volte a caro prezzo, il Paese era riuscito a ritagliarsi un ruolo di un certo rilievo, sia nel campo economico che in quello politico. Dopo, invece, nel mondo globalizzato, le cose si sono fatte più difficoltose, per il nostro patrimonio industriale, per la nostra rete di alleanze e relazioni internazionali, e l’impressione data da molti nostri rappresentanti è quella di non avere un’idea chiara, né un altrettanto chiara volontà, nell’agire, pur con tutte le complessità del caso, pur con tutti i possibili errori di valutazione, innanzitutto nella direzione della difesa degli interessi nazionali. Ecco perché qualche volta ricordiamo il passato con un pizzico di nostalgia.