di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Oggi l’Ugl – ha partecipato il nostro Vincenzo Abbrescia – è stata convocata alla Camera dei Deputati nell’ambito del ciclo di audizioni in Commissione Finanze sul rafforzamento patrimoniale della Banca del Mezzogiorno, che dovrà occuparsi fra l’altro del rilancio della Banca Popolare di Bari, commissariata a dicembre dalla Banca d’Italia. Oltre ai sindacati, l’iter di conversione del decreto prevede l’ascolto anche degli altri principali attori: i commissari straordinari, gli amministratori locali, Consob, Bankitalia, Invitalia, e venerdì sarà sentito anche il ministro dell’Economia, Gualtieri. La situazione della Popolare di Bari è grave e per questo, in Commissione come su queste pagine, abbiamo sentito il dovere di sostenere un salvataggio necessario a garantire i posti di lavoro, più di tremila i dipendenti, la tranquillità di correntisti e piccoli risparmiatori, la tenuta dell’economia locale, già gravata da molti problemi, e in una prospettiva più ampia, l’intero sistema creditizio e finanziario. Ma occorre anche dire che la questione BpB rappresenta un caso non certo unico, ma solo l’ultimo di una lunga serie. Per questo abbiamo ritenuto doveroso anche denunciare una gestione del sistema del credito italiano a dir poco inadeguata, invitando a compiere azioni concrete e incisive, per risolvere, una volta per tutte, la situazione. Al di là delle responsabilità della dirigenza della banca, la vicenda della Popolare di Bari ripropone, infatti, problemi già noti: le falle nella vigilanza e l’inefficacia delle attività svolte dalla Banca d’Italia, a fronte di problematicità dell’istituto di credito note ormai da un decennio, con la prima ispezione risalente al 2010, e la presenza di un sistema pervasivo di contiguità disfunzionali tra banca, aziende e istituzioni. A farne le spese la collettività: dapprima le persone direttamente coinvolte, ossia i dipendenti della banca e i risparmiatori, non certo quindi i grandi speculatori, ma cittadini, lavoratori, pensionati che affidavano i propri risparmi a persone verso cui avevano fiducia; poi l’intera popolazione, ora costretta a impiegare risorse pubbliche, che avrebbero potuto essere destinate ad altro, al salvataggio della banca. Un salvataggio ormai inevitabile, onde evitare conseguenze peggiori per tutti, ma comunque esoso, specie dal punto di vista popolare, con la cittadinanza costretta per l’ennesima volta, nonostante la crisi perdurante e i sacrifici richiesti per affrontarla, a riparare con i propri soldi ai danni fatti da altri. Una situazione inaccettabile, che impone, oltre all’accertamento delle responsabilità di quanti hanno contribuito a portare il gruppo bancario al dissesto, anche di realizzare una riforma complessiva del sistema di vigilanza, che parta da una maggiore trasparenza e da regole più severe per le banche aiutate dallo Stato.