di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Nonostante l’appello di Mattarella per un dialogo sereno fra le forze politiche, che, mantenendo il dibattito, anche aspro, sui temi, assicuri sempre un pieno rispetto reciproco e una sentita legittimazione degli avversari in nome della democrazia, continuiamo a notare un accanimento serrato contro le forze di opposizione e in particolar modo contro il leader della Lega, Matteo Salvini. Un accanimento che risulta ancor più inaccettabile e pericoloso per la coesione sociale in quanto diretto verso forze che, così dicono i sondaggi e soprattutto i risultati di tutte le ultime tornate elettorali, sono in realtà maggioritarie nel Paese reale. La destra cresce nei consensi e gli avversari rispondono con una costante demonizzazione di Salvini e degli altri leader sovranisti, si pensi anche alla Meloni, spesso oggetto di attacchi gratuiti, quasi mai seguiti da manifestazioni di solidarietà da parte della sinistra. Con il consueto doppiopesismo, in base al quale verso la destra l’odio è accettabile se non dovuto, le aggressioni verbali sono ammesse, persino le minacce non vengono prese in considerazione. Si tratta di un atteggiamento disdicevole. Tra l’altro, mettendo da parte per un attimo le questioni di principio, anche da un punto di vista meramente “strategico” questo comportamento rischia di essere controproducente, facendo aumentare, per reazione di fronte all’evidente ingiustizia, simpatie e consensi proprio in favore della destra. Sappiamo bene che questo atteggiamento fazioso è tipico della sinistra, dal Pd alle Sardine, ma da un (bel) po’ ha contagiato anche la dirigenza del Movimento 5 Stelle. I grillini, una volta alfieri del superamento dei vecchi schemi, sono diventati fedeli alleati dei dem anche in questo. Da “portavoce” del popolo, sono arrivati a blindare il Parlamento per evitare la prova elettorale ad ogni costo, impedendo ai cittadini di esprimersi proprio per non far vincere la destra. Ed ora, in occasione del voto sull’immunità al leader della Lega per il caso Gregoretti – di fronte a nuovo caso clamoroso dopo quello Diciotti, per cui si intenderebbe processare un politico non per illeciti più o meno gravi, ma per una scelta “di destra” compiuta in veste di ministro e nel pieno rispetto della legge, equiparata a un reato serio come il “sequestro di persona” – il Movimento 5 Stelle ha deciso di non interpellare neanche Rousseau, dicendo addio alla prassi, consueta per quanto discutibile, della consultazione degli iscritti in rete come esercizio di “democrazia diretta”. Aspettando il voto della giunta per le immunità, con preoccupazione osserviamo il fatto che si sta passando il segno, mettendo seriamente a rischio un principio cardine del sistema democratico e della democrazia, diretta o rappresentativa che sia: il rispetto del pluralismo politico.