Chissà come avrebbe commentato la cosa Karl Marx, colui che, a suo tempo, accostò la religione all’oppio. Il Movimento 5 Stelle apre una polemica senza fine con la presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, perché ha avuto l’ardire di togliere dal maximendamento alla legge di bilancio la norma che avrebbe reso possibile la vendita di canapa a basso contenuto di Thc, vale un principio attivo inferiore allo 0,5%. Una decisione, quella della Casellati, presa, è bene ricordare, non per convinzioni personali, ma su indicazione dell’ufficio legislativo del Senato che valuta l’ammissibilità delle misure in ordine al tipo di provvedimento che si sta discutendo. Tutto questo accade, peraltro, in un giorno qualsiasi della vita parlamentare, uno di quelli destinato a passare alle cronache come di ordinaria amministrazione; il tutto accade mentre il Senato vota, in un ritardo incredibile, al limite della costituzionalità – i regolamenti parlamentari prevedono un iter di approvazione con una prima lettura in una Camera, con quaranta giorni a disposizione, e poi nell’altra, con almeno un mese a disposizione per una attenta e corretta valutazione, cosa che non accadrà quest’anno, con i deputati che saranno costretti ad accettare il provvedimento a scatola chiusa – la fiducia al governo sulla legge di bilancio, il provvedimento più importante, destinato ad incidere nel bene e nel male sul Paese per un lungo anno. Ed allora, la gazzarra sulla cannabis somiglia molto ad un’arma di distrazione di massa, per nascondere quelli che sono i reali contenuti di una legge che non aiuta il lavoro né la crescita e che introduce nuove tasse ad ogni angolo che si gira. A fronte della promessa – forse ne parlerà a luglio – della riduzione del cuneo fiscale per una parte ridotta dei lavoratori dipendenti privati, la legge di bilancio porterà con sé una serie di piccole e grandi imposte destinate ad avere effetti negativi sui redditi degli italiani e, soprattutto, sull’occupazione di intere filiere. Le imposte sulla plastica e le bibite zuccherate non risolveranno, di certo, i grandi mali del mondo occidentale, l’inquinamento e l’obesità, ma potrebbero portare almeno nuovi 20mila disoccupati – ai quali, detto per inciso, lo Stato dovrà poi pagare l’indennità di disoccupazione -; conseguenze simili potranno arrivare dalle nuove imposte sui derivati del tabacco, sulle auto aziendali e sui concessionari. E così, mentre i 5 Stelle si attaccano al fumo, il timore è che tanti lavoratori, purtroppo, rischiano di andare a fare compagnia ai dipendenti di Alitalia, Ilva, Whirlpool.

Plastic e sugar tax non curano inquinamento e obesità, ma generano disoccupati