Ex Ilva stretta nella morsa tra Arcelor Mittal, magistratura e “sviste” del Governo. Gli esuberi fioccano come fossero niente

Che gran pasticcio. Alle 17.00, proprio mentre La Meta Serale chiude le pagine, il ministro Patuanelli riceverà al Mise i sindacati insieme ai commissari dell’amministrazione straordinaria di Ilva, Ardito, Danovi e Lupo, già sapendo che Confederazioni e sigle metalmeccaniche sono contrarie sia agli esuberi del nuovo piano industriale di ArcelorMittal, 4700 entro il 2023, sia alla cassa integrazione straordinaria per 3500 lavoratori del siderurgico di Taranto che l’azienda ha annunciato ieri in conseguenza dell’obbligo imposto dalla magistratura di fermare l’altoforno 2, uno dei tre attualmente operativi nello stabilimento. Difficile capire quale possa essere la soluzione di questo rebus e soprattutto immaginare un contesto altrettanto negativo per uno Stato che ha dichiarato la sua intenzione di voler tornare ad essere imprenditore. Sì, ma con calma. «La trattativa è complicata e non escludiamo un decreto» sulla chiusura dell’altoforno2, ha dichiarato Giuseppe Provenzano, ministro del Sud a Radio 24. «Nulla è escluso nella vicenda complessiva dell’Ilva. Non siamo disarmati, l’azienda è vincolata a un contratto e se viene meno deve assumersi le responsabilità civili e anche penali», ha aggiunto. Ma le organizzazioni sindacali non mostrano altrettanto distacco e invocano una soluzione vera all’esecutivo, non un palliativo o, peggio ancora, una scelta puramente tattica. Per il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, la cigs è l’«anticamera dei licenziamenti», per il segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan, così si va «di male in peggio», mentre il segretario generale dell’Ugl Metalemccanici, Antonio Spera, ha usato toni più drammatici nell’invocare l’intervento del Governo per «mettere fine a questa macelleria sociale». Lo stesso ministro Provenzano ha precisato che «l’ingresso pubblico dipende dal piano industriale: se di Ilva facciamo la più grande acciaieria d’Europa all’avanguardia nella produzione di acciaio verde allora ha senso una presenza pubblica per accompagnare questo processo. Arcelor Mittal ha una responsabilità se dopo un anno e mezzo il piano si è rivelato impraticabile». A ben sperare si fa fatica di fronte a dichiarazioni come quelle di Ugo Grassi, il parlamentare che oggi è passato dal M5s alla Lega: «Basti l’esempio della gestione dell’ex Ilva per dar conto dell’assenza di una programmazione nella gestione delle crisi».