Dal terziario ai metalmeccanici e al pubblico impiego, il ritardo cresce

L’insostenibile pesantezza dei contratti collettivi nazionali di lavoro scaduti e in scadenza. Si potrebbe sintetizzare con un richiamo indiretto al famoso romanzo di Milan Kundera quello che sta succedendo nel mondo del lavoro in queste settimane. Anche in un periodo di bassa inflazione, come quello che si sta registrando da alcuni anni, il mancato rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro comporta una perdita di potere d’acquisto per le lavoratrici e i lavoratori che ha riflessi evidenti su tanti aspetti, compreso l’asfittico andamento dei consumi e il crollo dei prezzi delle abitazioni, un fenomeno, quest’ultimo, poco attenzionato, ma che ha prodotto in pochissimo tempo un danno importante alle tantissime famiglie che hanno acquistato la casa nel primo decennio del nuovo secolo. Secondo il Cnel, soltanto i tre principali contratti in scadenza al 31 dicembre (terziario, distribuzione e servizi; metalmeccanico; logistica) coinvolgono una platea di oltre 4 milioni di lavoratori dipendenti. Degli oltre 800 contratti del settore privato registrati al Cnel, un quarto andranno in scadenza a breve o sono già scaduti: essi riguardano quasi la metà del lavoratori del settore privato. Guardando al pubblico, i contratti collettivi già scaduti sono una ventina. In quest’ultimo caso, le prospettive non appaiono rosee, viste le poche risorse stanziate in legge di bilancio soprattutto per il 2020.