Ma l’opposizione non se la beve e neanche parte della maggioranza

Riforma Fondo Salva-Stati o Mes, il punto è che vogliono darcela a bere. Per capire come stanno le cose è meglio partire dalla fine. Ben 14 deputati M5s e 6 del Pd non hanno partecipato al voto sulla risoluzione di maggioranza approvata in aula alla Camera in seguito alle comunicazioni del premier Giuseppe Conte sul consiglio europeo del 12 e 13 dicembre. La risoluzione, tra le altre cose, contiene gli impegni del governo sulla riforma del Mes su cui i pentastellati avevano dibattuto fino all’accordo della notte scorsa. Inoltre come riportato ampiamente dal quotidiano La Verità se il Ministero dell’Economia sostiene di aver ottenuto modifiche minori, per tenere buoni gli oppositori in casa, «per il portale del Fondo tutto era già previsto, a prescindere dalle richieste di Roma». In totale la Camera ha approvato la risoluzione della maggioranza sul Mes con 291 voti favorevoli e 222 contrari. L’opposizione si è fatta sentire con gli interventi duri della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, del deputato della Lega e presidente della commissione Bilancio, Claudio Borghi, che ha dato del «traditore» al presidente del Consiglio e con il coro «venduti, venduti» dei deputati della Lega al termine dell’intervento di Lia Quartapelle, e con l’intervento dell’on. Maria Stella Gelmini di Forza Italia. Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, hanno inoltre votato una risoluzione alla quale hanno lavorato i tre capigruppo Molinari, Gelmini e Lollobrigida, insieme ai leghisti Borghi e Bagnai, al forzista Brunetta e a Delmastro Delle Vedove per Fratelli d’Italia. Si legge nell’impegno contenuto nella risoluzione, con specifico riferimento alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, «a non procedere ad alcuna formale adesione prima che le numerose criticità elencate in premessa siano discusse e risolte; in particolare a non sottoscrivere l’adesione dell’Italia al MES così come ora proposto e segnatamente a condizionare l’adozione di ogni decisione vincolante in merito alla sua revisione all’esclusione di ogni riferimento, esplicito o implicito, alla possibilità concreta di imporre la ristrutturazione del debito pubblico di uno Stato qualora ricorra all’assistenza del MES ovvero qualora vi ricorrano istituti di credito di quello Stato». A questo punto va ascoltato con maggiore attenzione ciò che ha detto il premier Conte nella sua informativa e cioè che la revisione del Mes «non apporta modifiche sostanziali al trattato già esistente» e «non introduce» alcun «automatismo nella ristrutturazione del debito di uno Stato, ma lascia alla Commissione europea il fondamentale ruolo di valutarne la sostenibilità e di assicurare la coerenza complessiva delle analisi macroeconomiche effettuate sui Paesi membri». Adesso è tutto molto più chiaro.