Il governo, che vede l’azienda, immagina un intervento di Cassa depositi e prestiti

Trentadue ore di sciopero con una manifestazione nazionale a Roma nella giornata del 10 dicembre, quando è anche previsto un incontro fra l’unità di crisi del ministero dello sviluppo economico e i vertici di ArcelorMittal Italia. Sono ore molto concitate per il futuro di Ilva, fuori e dentro i palazzi romani. I sindacati di categoria hanno infatti proclamato uno stop e sono pronti ad “invadere” la capitale per gridare tutta la loro disperazione. Si parla infatti di accordi traditi e di non rispetto dei patti sottoscritti poco più di un anno fa, mentre l’azienda, da parte propria, ha preso la balla al balzo del mancato rinnovo dello scudo legale, scaduto ad inizio settembre e non rinnovato con il decreto lavoro-imprese, per far saltare il tavolo di confronto, annunciando la volontà di lasciare l’Italia, salvo poi dettare le nuove condizioni sul versante degli esuberi, saliti addirittura a 4.700. Il governo, in attesa di comunicazioni ufficiali, sta facendo trapelare le contromosse per venire incontro ai lavoratori, ma anche a quella parte della città di Taranto che punta il dito sull’impatto ambientale. L’obiettivo, a cui starebbero lavorando al Mise, è triplice: riconvertire l’altoforno 2 verso una tecnologia più pulita; ridurre ad un massimo di 1.800 unità gli esuberi; rafforzare la compagine azionaria attraverso un ingresso indiretto dello Stato attraverso Cassa depositi e prestiti.