di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Pur non essendo fra quelli che hanno fatto di “bella ciao” un totem intoccabile, che diventasse l’inno dell’Europa delle banche e dell’austerity non ce lo saremmo aspettato e un po’ ci scandalizza. Vederla interpretata dai commissari del gruppo dei socialisti e democratici per festeggiare il via libera ottenuto finalmente dall’esecutivo a guida von der Leyen è stato, francamente, surreale. Per varie ragioni. La prima e più evidente rientra nel ben noto processo di demonizzazione in atto nei confronti dei partiti di destra e sovranisti. La canzone era evidentemente indirizzata a loro, trattati di conseguenza non come avversari politici, ma come pericolosi invasori di cui liberarsi. Evidentemente alla sinistra non solo italiana, ma, a questo punto, anche europea, piace l’ossimoro di una democrazia monopartitica, in cui pieno diritto di cittadinanza sia concesso solo a chi la pensa in un certo modo. Gli altri, da additare al pubblico ludibrio come temibili neofascisti. Insomma, il Parlamento, invece che essere un emiciclo, dovrebbe fermarsi massimo al centro. Bel concetto di rispetto delle minoranze, da parte di chi, fra l’altro, ora non rappresenta più solo la propria parte politica, ma, in veste di membro della Commissione, dovrebbe essere portavoce dell’intera Unione europea, opposizioni comprese. Il canto, comunque, è sembrato un’espressione di sollievo, un esercizio liberatorio delle sardine in giacca e cravatta per lo “scampato pericolo”: l’Europa, grazie a voltafaccia improvvisi e inedite alleanze, è di nuovo in mano al solito vecchio establishment. E questo è il secondo punto, forse ancor più importante del primo, per cui il coro è sembrato così fuori luogo. Una volta la “canzone partigiana” era il simbolo di un mondo che faceva dei diritti sociali delle classi lavoratrici la propria principale bandiera. Che aveva, e va necessariamente ricordato, anche allora una chiara e pericolosa tendenza alla demonizzazione dell’avversario, all’autoreferenzialità, a voler ottenere, con le buone o con le cattive, il monopolio politico e culturale, ma almeno con l’obiettivo – per quanto spesso mal interpretato – del progresso sociale ed economico del popolo e in particolare del proletariato. Ora, invece, “bella ciao” serve a far digerire il Mes e altre simili amenità, ovvero quel sistema che considera sacrificabili ai parametri economici prima di tutto e preferibilmente i diritti delle classi meno abbienti. Del resto l’andazzo è ormai più che chiaro: ai socialisti europei, come ai dem nostrani, non è rimasta che la coperta di Linus di un fantomatico pericolo fascista a coprire la clamorosa giravolta che li ha portati ad essere i campioni delle politiche antisociali. Mentre a difendere le classi popolari e i lavoratori europei ci sono proprio loro, i tanto odiati e temuti sovranisti.