Un Governo debole rende l’economia più debole: fioccano vertenze irrisolte perché non si trovano investitori seri

I danni che un Governo debole, tenuto insieme da un pensiero debole (la paura delle elezioni), può fare ad un intero sistema economico, che già combatte con debolezze strutturali, oltre a quelle congiunturali, sono ormai sotto gli occhi di chiunque e di tutto il mondo. Dall’ex Ilva con Arcelor Mittal (e un piano con 4.700 esuberi) che nei fatti ieri ha dimostrato nell’incontro al Mise con i sindacati e il ministro Patuanelli di non avere tenuto in considerazione né gli appelli né tantomeno il destino di un intero Paese dal quale, bene o male e prima del tira e molla sullo scudo penale, qualcosa ha ricevuto. Quando si parla di speculazioni tutti pensano alla finanza, allo spread, come ha evidenziato già il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, ma le speculazioni si fanno anche nell’economia reale e spesso sono anche le più pericolose, perché vanno ad incidere la carne viva di una nazione. Con un Governo più forte – sia dal punto di vista della coesione tra gli alleati sia dell’identità politica sia della “scadenza” – sarebbe stato probabilmente più difficile per l’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier, illustrare il piano di riorganizzazione 2020-2023 che prevede un taglio complessivo di 8 mila lavoratori e la chiusura di 500 sportelli. Si dirà che i tagli del personale e di sportelli Unicredit si concentreranno non solo in Italia, ma anche in Germania e Austria. Tuttavia al nostro Paese è riservato il boccone più amaro poiché da noi Unicredit si prepara a tagliare 6 mila persone e 450 filiali. Senza dimenticare che è stato il Governo italiano a offrire ad Arcelor Mittal l’alibi perfetto per alzare la posta, aggiungiamo anche che con i guai di Atlantia e con la sempre più probabile revoca delle concessioni Autostrade, non solo è sfumato il piano di rilancio di Alitalia (che sarebbe dovuto avvenire mediante la cordata FS, Atlantia, Delta, Mef) – fortemente criticato dalla stessa  Atlantia – ma per molti è arrivato il momento di  sperare, a fronte però di corposi tagli al personale e alla flotta, nel ritorno (dalla finestra) di Lufthansa. Senza dimenticare che sulla Whirlpool di Napoli, nonostante il mese di fermo e le vibranti proteste dei lavoratori e del Governo, la posizione della multinazionale è rimasta esattamente la stessa: il sito di Napoli non è sostenibile, serve un’alternativa. Ma quale? Date le premesse, quale investitore serio può essere disposto ad investire in un Paese guidato da un Governo dalla strategia più fumosa della storia d’Italia, che al 5 dicembre sulla manovra è ancora alla ricerca di una «sintesi» su «tanti emendamenti su cui trovare un’intesa» e che sul quale quasi ogni giorno sui quotidiani viene apposta una nuova data di scadenza, sempre più prossima?